Nuovi Desparecidos | 10.03.2017
di Emilio Drudi
Una strage. Non se ne è saputo nulla fino a quando i 22 corpi senza vita non sono stati scoperti vicino a Sabratha, uno dei porti clandestini d’imbarco dalla Libia verso l’Italia, circa 70 chilometri a ovest di Tripoli e meno di 100 dal confine con la Tunisia. Le vittime sono migranti subsahariani, ragazzi poco più che ventenni. C’è da credere che siano stati uccisi per rappresaglia: una “punizione esemplare” dopo un tentativo di protesta.
A riferire la notizia del massacro è stato il quotidiano online Libya Observer che, informato da “fonti confidenziali”, il 5 marzo ha pubblicato anche alcune terribili foto che documentano la ferocia dell’eccidio. I 22 cadaveri, tutti con ferite mortali da arma da fuoco, sono stati trovati in fondo a un terrapieno nella macchia di Fanar, alla periferia di Sabratha, poco lontano dal mare. E’ proprio in quel punto che è avvenuta la strage: presi a raffiche di mitra, quei 22 giovani sono caduti uno sull’altro, senza poter tentare la fuga. Secondo il Libya Observer (servizio di Abdullah Ben Ibrahim) facevano parte di un gruppo di circa 160 migranti che avrebbero dovuto imbarcarsi per l’Italia la sera di venerdì 3 marzo o il giorno successivo, sabato 4. Al momento di salire sul gommone, però, la maggior parte, a quanto pare, si è rifiutata, contestando che il mare era troppo mosso e dunque che la traversata sarebbe stata troppo rischiosa. Una protesta sempre più ferma e decisa, nonostante le minacce dei trafficanti i quali, per riprendere il controllo della situazione, non hanno esitato a sparare, mirando a uccidere, contro l’intero gruppo e in particolare contro i più risoluti, lasciando 22 cadaveri sulla sabbia. Si ignora la sorte dei superstiti. Molti – ha riferito un rapporto dell’Oim diramato da Ginevra il 7 marzo – sono rimasti feriti: decine, forse quasi cento. Qualcuno, nel caos scatenato dalla sparatoria, magari è riuscito a fuggire; una parte potrebbe essere ancora nelle mani dei mercanti di uomini mentre i feriti più gravi forse sono stati abbandonati sul posto dagli stessi trafficanti. Di certo, il massacro ha posto fine a ogni forma di resistenza.