16. März 2016 · Kommentare deaktiviert für Quel coro di „No“ che crea un unico grande campo profughi nel cuore d’Europa · Kategorien: Balkanroute, Europa · Tags: ,

Quelle: La Repubblica

L'“ingorgo“ dei migranti lungo la cosiddetta „rotta balcanica“. I rifiuti di Macedonia, Serbia, Cipro, Albania. E il nodo turco-cipriota che complica ancora di più le cose. Il rischio di „libanizzare“ un’intera regione, preda di „avvoltoi“ e mafie di ogni sorta

di CARLO CIAVONI

ROMA – Al momento, le agenzie di stampa di tutta Europa non fanno che riferire un coro di „No“, di rifiuti ad aprire le proprie frontiere per sbloccare il tragico ingorgo di migranti che s’è creato un po‘ in tutta l’area balcanica, trasformata così in un gigantesco campo profughi improvvisato, preda di mafie e „avvoltoi“ di ogni sorta, ridotta in una regione semi-autonoma e „libanizzata“ nel cuore dell’Europa, dove i fili spinati aumentano e si allungano pericolosamente.

In Macedonia. Sono stati trattenuti in Macedonia circa 700 migranti che ieri erano riusciti ad attraversare il confine greco-macedone, chiuso da una settimana. Lo ha confermato Giorgos Kyritsis, portavoce dell’organo di coordinamento della politica migratoria in Grecia. „Se ci sarà una richiesta delle autorità per riprenderli, allora la esamineremo“, ha aggiunto, parlando alla radio pubblica Ert, Ellinikí Radiofonía Tileórasi, l’azienda radiotelevisiva di stato greca. „Non c’è alcun automatismo, seguiremo le procedure“. Alcune decine di persone sono invece state bloccate all’ultimo momento e stanno facendo ritorno al campo di Idomeni, dove oggi è atteso il commissario europeo per le Migrazioni Dimitris Avramopoulos. Tra questi molti neonati e bambini, costretti a percorrere circa 8 km a piedi dopo una notte passata al freddo e sotto la pioggia. Secondo una fonte della polizia, nella notte le autorità macedoni avrebbero riportato in Grecia con dei camion altri gruppi di persone che ieri hanno attraversato illegalmente il confine. L’agenzia Anadolu riferisce che tra le queste persone ci sarebbero anche una trentina di giornalisti, che stavano seguendo i rifugiati nel loro viaggio.

Tutti quei „No“ che stanno creando un gigantesco campo profughi nel cuore dell’Europa

Il volantino in arabo per indicare come passare la frontiera. Sui media tedeschi trova intanto ampio spazio la notizia che il tentativo di ieri di centinaia di migranti di attraversare il fiume Suva Reka, al confine fra Grecia e Macedonia, sia stata un’azione organizzata – stando ad informazioni filtrate dai servizi segreti macedoni – da attivisti tedeschi. La tv pubblica Ard riporta una dichiarazione del governo di Atene, secondo la quale ai migranti sarebbe stato distribuito un volantino in lingua araba con informazioni su come attraversare illegalmente il confine con la Macedonia e suggerimenti a non seguire le indicazioni delle autorità greche. La Bild riporta che il volantino porta la firma di un misterioso „Commando Norbert Bluem“, ex ministro del Lavoro Cdu negli anni Ottanta, che nella notte dell’11 marzo ha pernottato in un sacco a pelo nel campo di Idomeni, come gesto di solidarietà con i profughi.

Domani a Bruxelles per chiedere leggi comuni antimafia. „Non pensate che la crisi in cui siamo e da cui non riusciamo a uscire, e che le folle umane che vediamo alle frontiere dell’Europa che vergognosamente qualcuno tenta di chiudere, non vedano in qualche modo le mafie protagoniste – ha detto Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, nel corso di un convegno all’Auditorium Parco della Musica di Roma – domani saremo a Bruxelles per chiedere che ci siano gli strumenti, per chiedere delle leggi comuni, perché dobbiamo dotarci di questi strumenti. Gli altri Paesi devono ammettere, come abbiamo fatto noi, che le mafie esistono e bisogna combatterle. Il solo essere mafiosi in Italia è un reato, devono capirlo anche gli altri Paesi“.

Il „No“ di Belgrado. In assenza di una politica comune europea sui modi di trattare e risolvere la crisi dei migranti – ha detto il ministro dell’Interno serbo, Nebojsa Stefanovic – il governo di Belgrado si comporterà allo stesso modo di Germania, Austria e dei paesi vicini, che fanno parte della Ue. La Serbia – ha aggiunto – si aspetta che l’Europa arrivi ad una posizione comune sulla crisi dei profughi, ma se ciò non avverrà noi seguiremo Germania e Austria: se loro dicono che non accoglieranno altri profughi, lo stesso faremo noi“, ha detto Stefanovic alla tv pubblica Rts. „Se I migranti non possono continuare il loro viaggio, noi non possiamo accoglierne né 20 né 50 né 1000“. La Serbia ha chiuso le sue frontiere ai profughi come hanno fatto gli altri paesi della rotta balcanica: Macedonia, Croazia, Slovenia, Austria.

Il „No“ di Cipro. Il presidente cipriota, Anastasiades, alla vigilia del vertice europeo ha detto: „La Repubblica di Cipro non ha alcuna intenzione di approvare al vertice dell’Unione Europea di giovedì e venerdì prossimi l’accordo con la Turchia per arginare il flusso di migranti verso l’Europa. Cipro – ha aggiunto – non intende acconsentire all’apertura di nuovi capitoli negoziali se la Turchia non adempie ai suoi obblighi“ ha ribadito Anastasiades, dopo un incontro con il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, il quale ha aggiunto che la „questione cruciale della legalità“ dell’accordo deve essere ancora risolta. Cipro ha da subito contestato la prospettiva di un’intesa tra l’Ue e la Turchia, dicendosi contraria a concedere al Paese anatolico una forma di accelerazione nei colloqui di adesione all’Ue.

Il nodo turco-cipriota che complica. La Repubblica di Cipro, riconosciuta dalla Comunità internazionale e membro Ue, non è riconosciuta però dalla Turchia e questo fatto ha portato al blocco di sei capitoli negoziali per la membership europea turca. In pratica, la Turchia ha chiuso solo uno dei capitoli negoziali e il premier turco ha chiesto di aprire altri cinque capitoli „unilateralmente congelati dalla Repubblica di Cipro“. La questione cipriota è stata una spina nel fianco per le aspirazioni europee della Turchia fin dalla prima richiesta di adesione nel 1987. Nel 1974 le truppe turche, in risposta a un tentativo di golpe ispirato da Atene, hanno invaso la parte settentrionale dell’isola, che nove anni più tardi ha dichiarato la propria indipendenza, riconosciuta solo da Ankara.

Il „No di Tirana. L’Albania non permetterà il transito sul suo territorio dei profughi rimasti intrappolati in Grecia, dopo che l’ex repubblica jugoslava della Macedonia, Fyrom ha chiuso i propri confini: lo ha affermato il direttore generale della Polizia albanese di Frontiera, Genc Merepeza, in un’intervista all’emittente tv albanese Ora News. Merepeza ha spiegato che l’Albania non ha una „porta d’uscita“ che possa condurre i profughi verso la Germania o gli altri Paesi dell’Europa, dove intendono arrivare. L’Albania farà eccezione solo alle richieste di asilo „ed in tal caso adotterà le procedure previste“, anche dalle norme internazionali, ha precisato Merepeza, sottolineando che il suo Paese ha „limitate capacità di accoglienza. Abbiamo solo due centri – ha precisato – che potrebbero ospitare non piu‘ di 400 persone in tutto“. Le dichiarazioni di Merepeza arrivano dopo che nel fine settimana, un gruppo di 163 profughi siriani sono stati trasferiti dalle autorità greche nella località di Konica, ad un paio di chilometri dal confine con l’Albania.

I 700 milioni messi a disposizione dal Consiglio UE. Il Consiglio dell’UE ha approvato la proposta di aiuti da 700 milioni di euro, in tre anni, messo a punto dalla Commissione europea il 2 marzo scorso e pensato per gestire al meglio la crisi dei migranti. L’esecutivo comunitario aveva proposto modifiche al bilancio comunitario per gli anni 2016, 2017 e 2018, in modo da reperire per ciascun anno, rispettivamente 300 per quest’anno e poi 200 per i due anni successivi, appunto per far fronte al fenomeno dei richiedenti asilo. La misura intende aiutare i Paesi più sottoposti alla pressione dei profughi richiedenti asilo, in particolare la Grecia che in questo momento sta facendosi carico delle spinte maggiori. Oggi il Consiglio dell’UE ha approvato il regolamento che permette alla misura della Commissione di diventare operativa. Lo speciale meccanismo di sostegno è stato pensato per gestire l’emergenza migranti ma potrà essere attivato „anche in risposta ad altre crisi dalle conseguenze umanitarie gravi“, come incidenti nucleari, attacchi terroristici ed epidemie. Potrà essere usato dai governi solo se la portata e l’impatto del disastro assumono proporzioni eccezionali e laddove gli strumenti a disposizione degli Stati membri e dell’Unione Europea risultino insufficienti.

Intanto è in atto la „Missione Sophia“. La missione navale europea „EuNavFor Med“, chiamata comunemente „Sophia“, sotto il comando della portaerei italiana Cavour, ha individuato in mattinata cinque gommoni a 15 miglia dalla costa libica, in acque internazionali, con a bordo circa 120 persone ciascuno. Sono stati avvistati, grosso modo, all’altezza di Zuarah, ad ovest di Tripoli. Uno di questi gommoni è stato recuperato dalla nave Vega e un altro dalla nave Grecale, che fanno parte dell’operazione della Marina italiana „Mare Sicuro“. A bordo delle due imbarcazioni c’erano in tutto circa 200-240 persone. Altri due gommoni sono strati recuperati da una unità tedesca, la Frankfurter e da una britannica, la fregata Enterprice, entrambe della cooperazione navale europea „EuNavFor Med“. Il quinto gommone viene intanto raggiunto dall’unità più vicina, la Frankfurter. In tutto, si tratta di circa 600 persone tratte in salvo che, finite le operazioni di recupero tra stanotte e domani, saranno portate verso l’Italia.

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