Die europäischen Institutionen – allen voran Italien, Frankreich und Deutschland – bringen Soldaten und Panzer in Stellung, um die Migrant*innen in der Wüste aufzuhalten, vor allem aber um innenpolitisch Wählerstimmen zu fangen und außenpolitisch ihre geostrategischen Interessen zu verfolgen.
Huffingtonpost | 15.12.2017
Quando gli interessi della militarizzazione incontrano quelli dell’esternalizzazione
Sara Prestianni
Gli ultimi due giorni – 13 e 14 dicembre – hanno segnato un’accelerazione del progetto di difesa europeo, sempre più intrecciato con quello, già in atto, di esternalizzazione del controllo delle frontiere in Africa. Una vera e propria guerra ai migranti, quella portata avanti dalle istituzioni europee – con Italia, Francia e Germania in testa – che schierano eserciti e carri armati per bloccare i flussi migratori nel deserto, ma soprattutto per rispondere ai propri interessi elettorali interni e geostrategici esterni. Interessi che si concentrano sul Sahel, pedina centrale di uno scacchiere internazionale che si fa sempre più complesso. Il 13 dicembre, il Summit di Parigi, ha visto la formalizzazione della forza antiterroristica G5Sahel e il lancio della missione congiunta italo-francese in Niger. Il 14 dicembre, il Consiglio Europeo ha discusso come primo punto all’ordine del giorno quello dellasicurezza e difesa. Bruxelles ha infatti deciso sia la creazione di una cooperazione strutturata permanente (Pesco) in questo settore che l’istituzione di un Fondo Europeo per la difesa da adottare entro il 2018. Alla luce del summit del giorno dopo, l’incontro di Parigi sembra un vero e proprio laboratorio del coordinamento delle difese in missioni estere. Chi ha tenuto i fili di queste due operazioni sono, da un lato Mogherini, artefice della riforma della difesa europea e in generale dell’attuazione delle politiche di esternalizzazione, dall’altro il francese Macron che tiene le fila dell’intervento militare in Sahel.
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