21. März 2017 · Kommentare deaktiviert für „Flüchtlingspolitik-Treffen in Rom: Wer überlebt, soll zurück“ · Kategorien: Algerien, Deutschland, Europa, Malta · Tags:

taz | 20.03.2017

Tausende flüchten übers Mittelmeer. Die EU versucht sie aufzuhalten. Ein Problem dabei ist das politische Chaos im Transitland Libyen.

Christian Jakob

Das Jahr 2017 ist noch nicht alt, aber es hat schon traurige Rekorde erzielt: Seit dem 1. Januar sind bereits mehr Flüchtlinge im zentralen Mittelmeer ertrunken als im gleichen Zeitraum des vergangenen Jahres: Insgesamt 481 Männer und Frauen haben die gefährliche Passage auf ihren überfüllten und seeuntauglichen Booten nicht überlebt, wie die UN-Migrationsorganisation IOM am Wochenende bekannt gab.

Damit sind auf dieser Route fast fünfmal so viele Bootsflüchtlinge wie in den ersten Monaten 2016 umgekommen. 16.185 Menschen erreichten Italien lebend, rund 50 Prozent mehr als im Vorjahr. Von denen, die sich auf die riskante Passage nach Europa machten, starb jeder Dreiunddreißigste – auch dies ein neuer Rekord.

Ein Grund dafür, dass derzeit besonders viele Boote von der libyschen Küste aus ins Meer stechen, ist das relativ gute Wetter. Allein am vergangenen Wochenende wurden binnen 24 Stunden mehr als 3.000 Menschen bei über 20 Einsätzen geborgen. Die Seenotretter der deutsch-französisch-italienischen Initiative SOS Mediterranee retteten fast 1.000 Migranten von neun Booten. Darunter waren etwa 200 Kinder und Jugendliche.

Europäische und afrikanische Politiker haben nun am Montag in Rom darüber beraten, wie sie die Flüchtlinge daran hindern können, sich auf den gefahrvollen Weg zu machen. Die Innenminister von Italien, Deutschland, Frankreich, Österreich, Malta, Slowenien und der Schweiz waren ebenso vertreten wie Politiker der Maghrebstaaten Algerien, Tunesien und Libyen.

Europas Vertragspartner ist in Libyen machtlos

Wer in Europa keine Chance auf Asyl hat, müsse schon früh daran gehindert werden, „sich durch Libyen auf den Weg zu machen“, erklärte der deutsche Innenminister Thomas de Maizière: „Wir müssen den Grenzschutz verstärken, den Küstenschutz auch Libyens – und wir müssen entschlossen diejenigen zurückführen aus Europa, die dann doch angekommen sind.“

Italien will eine neue ständige europäisch-nordafrikanische Kontaktgruppe aufbauen. „Wir wollen aus dem Gegeneinander – hier die Europäer, dort die Nordafrikaner – eine Gemeinsamkeit stiften“, sagte de Maizière. Die Botschaft: dass der Weg durch Libyen schwer ist. Und dass die Migranten an der Küste von ihrer Flucht abgehalten werden und in ihre Heimatländer zurückgeschickt werden, sollten sie es bis nach Europa schaffen.

Die EU versucht schon seit fast zwei Jahren, im Haupt-Transitstaat Libyen, in dem ein Bürgerkrieg herrscht, gegen die Schleuser vorzugehen. Im Februar hat sie dafür noch einmal 200 Millionen Euro bereit gestellt – und erklärt, künftig Flüchtlinge auch nach Libyen zurückbringen zu wollen.

Einheiten der EU-Anti-Schlepper-Mission Operation Sophia sollten eigentlich mit libyschen Küstenwächtern gemeinsam patrouillieren. Ein von der EU unterstütztes Abkommen zwischen Libyen und Italien sieht zudem Lager unter libyscher Kontrolle vor, von denen aus Flüchtlinge in ihre Heimatländer zurückgebracht werden sollen. Europas Vertragspartner ist aber der libysche Ministerpräsident Fajes al-Sarradsch, der im eigenen Land praktisch machtlos ist.

„EU zwingt Refugees auf seeuntaugliche Boote“

Die Gewalt liegt in den Händen undurchsichtiger Milizen. Das im ostlibyschen Tobruk ansässige Nationalparlament lehnt es ab, mit Europa zusammenzuarbeiten. Es erklärte das vom Premier geschlossene Abkommen mit Italien für „null und nichtig“.

Der deutsche Innenminister behauptete am Montag, die libysche Regierung stabilisiere sich. Der libysche Premier hat es aber es trotz westlicher Unterstützung nicht geschafft, seine Macht auszubauen.

Was ist für die nun beginnende Saison der Flüchtlingsüberfahrten Richtung Italien zu erwarten? Zwischen den privaten Seerettern und den EU-Grenzschützern von Frontex ist der Ton schärfer geworden: „Die EU zwingt Refugees auf seeuntaugliche Boote, wir werden aber retten, egal was Frontex sagt“, erklärte die deutsche Rettungsorganisation Sea Watch am Montag.

Fabricio Leggeri, der Direktor der EU-Grenzschutzagentur Frontex, hatte kürzlich in einem Interview erklärt, er wolle „verhindern, dass wir die Geschäfte der kriminellen Netzwerke und Schlepper in Libyen noch dadurch unterstützen, dass die Migranten immer näher an der libyschen Küste von europäischen Schiffen aufgenommen werden“.

Das „aktuelle Konzept der Rettungsmaßnahmen vor Libyen“ gehöre „auf den Prüfstand“, sagte Leggeri, die Rettungseinsätze der Helfer führten zu „Problemen beim Kampf gegen die Schlepperbanden“.

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Il Manifesto | 21.02.2017

Migranti, Sarraj a Roma incassa solo promesse

Deserto libico. Da aprile via alla guardia costiera libica, nel Paese aperti campi per i migranti. Minniti: «Oim e Unhcr controlleranno»

Di nuovo c’è il fatto che l’Europa ha deciso di dar vita a un «Gruppo di contatto sul Mediterraneo centrale» che faccia da punto di unione tra la Commissione europea e i paesi dell’altra sponda del Mediterraneo maggiormente coinvolti dai flussi di migranti, primi fra tutti Libia, Algeria e Tunisia. Per il resto – nonostante l’enfasi data all’appuntamento – il vertice che si è tenuto ieri a Roma tra i ministri degli Interni di alcuni paesi europei e dei tre paesi nordafricani non ha fatto altro che ribadire decisioni già annunciate a febbraio al termine del vertice di Malta e, prima ancora, nell’incontro avuto dal premier Paolo Gentiloni con il primo ministro libico Fayez al Sarraj. Decisioni che dovrebbero tradursi in maggiori investimenti economici e in mezzi utili alla Libia per contrastare le partenze dei barconi dalle proprie coste. Come questo sia possibile in un paese sempre più instabile e che lo stesso Sarraj sembra controllare con sempre maggiore difficoltà, è tutto da vedere.

Un po’ a sorpresa a Roma si presenta anche il premier libico, la cui partenza da Tripoli è stata in forse fino all’ultimo minuto. Ai leader europei Sarraj ha chiesto sostanzialmente aiuto per arginare la crisi che investe il suo paese. In sostanza la conferma di un riconoscimento politico che spera possa aiutarlo a rafforzarsi all’interno della Libia, visto che l’Europa lo accredita come l’unico interlocutore affidabile. Ma anche misure tangibili con cui rispondere alla principale richiesta degli europei, vale a dire fermare i flussi di migranti. «La stabilità della Libia e la lotta ai trafficanti di uomini sono due facce della stessa medaglia», spiega non a caso il ministro degli Interni Marco Minniti, padrone di casa dell’incontro di ieri.

Il gruppo di contatto, al quale partecipano i ministri degli Interni di Italia, Malta, Germania, Svizzera, Austria, Francia, Slovenia, Tunisia e Libia, i paesi che si sono visti ieri, servirà a reperire le risorse necessarie ai paesi africani, mutuando il metodo di lavoro già adottato l’anno scorso per arrivare all’accordo siglato con la Turchia. Dal punto di vista economico per ora sul piatto ci sono solo i 200 milioni già stanziati dall’Italia per il Fondo Africa e altri 200 messi nello stesso fondo dall’Unione europea. Di questi, ha spiegato il commissario europeo all’Immigrazione Dimitri Avramopoulos, presente anche lui al vertice, 90 milioni sono destinati alla Libia. Poco, anzi pochissimo se è vero che Serraj avrebbe chiesto aiuti per almeno 800 milioni di euro per la sola Libia (cifra circolata sempre ieri ma sulla quale dal vertice non è arrivata nessuna conferma ufficiale). «Le risorse si troveranno, l’importante è attivare il meccanismo degli aiuti», spiega però chi ha assistito all’incontro dei ministri.

Diverso il discorso per quanto riguarda uomini e mezzi. L’addestramento della nuova guardia costiera libica da parte della missione europa Sophia è praticamente concluso e i primi 90 marinai libici riceveranno tra aprile e maggio le 10 motovedette promesse dall’Italia. Una volta operativi dovranno fermare i barconi alla partenza, salvare i migranti in difficoltà riportandoli indietro fino al porto di partenza, dove verranno alloggiati nei campi. E qui l’accordo si fa preoccupante. «Il rispetto dei diritti umani è prioritario», ha garantito Minniti ricordando come sul punto vigileranno Unhcr e Oim, ma sorvolando sul fatto che il governo Serraj è in grado di controllore solo una minima parte dei campi in cui oggi vengono richiusi i migranti.

L’impegno che l’Europa chiede alla Libia non riguarda però solo le coste. Bruxelles vuole soprattutto mettere fine agli arrivi dei migranti sigillando i confini con Niger e Ciad – i due principali paesi di transito dei migranti – dove, nella regione Fezzan, già sorgono alcuni campi profughi. Per raggiungere lo scopo Roma e Bruxelles sono pronte a fornire un cospicuo numero di jeep insieme a sistemi radar e visori notturni, ma anche a contribuire alla formazione di un moderno corpo di guardie di frontiera.

Il problema, per quanto riguarda il sud della Libia, è che non si capisce con chi si sta starebbe trattando visto che il Fezzan non rientra tra le aree controllate da Sarraj ed è anzi popolata da tribù che finora si sono dimostrate ostili al premier libico.

Le cifre degli sbarchi spingono il governo ad accelerare nella ricerca di un accordo con la Libia. Gli ultimi dati del Viminale parlano di 18.232 arrivi dal primo gennaio al 20 marzo, il 31,88% in più rispetto allo spesso periodo del 2016. «L’Italia è sottoposta a una fortissima pressione, ma Roma non è sola», ha detto ieri Avramopoulos. Sarà anche vero, ma intanto i ricollocamenti – sui quali si dovrebbe manifestare la solidarietà europea – restano al palo: dei 40 mila promessi finora ne sono stati fatti poco più di 4.000.

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