Quelle: Il Manifesto
Vittorio Cogliati Dezza
Clandestino, extracomunitario, migrante, profugo, richiedente asilo, rifugiato, sfollato….. In questi anni abbiamo assistito al fiorire di tanti termini diversi, più o meno politically correct. Tanti termini per indicare un solo fenomeno: milioni di persone che dolorosamente decidono di lasciare il proprio paese per cercare dignità e speranza di vita altrove.
Oggi, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, voluta dall’Onu nel 2001 per celebrare il primo cinquantennio della Convenzione di Ginevra, dobbiamo porci la domanda: siamo sicuri che il riconoscimento dello status di rifugiato è oggi sufficiente per rispondere ai bisogni dei nuovi movimenti migratori? è possibile oggi fare netti distinguo tra chi fugge da persecuzioni e guerre, o da fame e povertà, o da catastrofi naturali e climatiche?
Non sono domande retoriche, perché la risposta non è scontata. Solo pochi mesi fa la Merkel ha affermato perentoriamente che solo i profughi da guerre possono essere accolti in Europa. Ma i profughi per ragioni economiche e ambientali sono la grande maggioranza.