„Wir sind am Mittwoch 1 aus Sabratha aufgebrochen, auf zwei Kuttern und einem Schlauchboot“, berichten Überlebende der NGO Save The Children im italienischen Pozzallo. Am Donnerstag 2 hat das Schiff der Überlebenden das Seil gekappt, mit dem einer der Kutter mit Motorschaden gezogen wurde und das schliesslich sank; ihre ca. 500 Passagiere ertranken.
Bericht in der renommierten italienischen Tageszeitung Il Fatto Quotidiano
Migranti, “altro naufragio con circa 500 morti”. 13mila arrivi in una settimana
Il racconto dei superstiti sbarcati oggi a Pozzallo: „Partiti dalla Libia, trainavamo un peschereccio senza motore con centinaia di persone. Giovedì mattina è affondato“. Fermato presunto scafista, avrebbe tagliato la fune, uccidendo anche una donna. Il disastro si aggiunge ai tre già registrati in settimana dalla Marina militare, con 65 corpi recuperati e centinaia di dispersi. Partenze anche dall’Egitto
Un naufragio con 400-500, avvenuto giovedì 26 maggio, che si aggiunge ai tre già registrati questa settimana dalla Marina militare. Sono stati i migranti sbarcati questa mattina a Pozzallo (Ragusa) dal rimorchiatore ‘Asso 29′ a raccontarlo agli operatori dell’Ong Save the Children. “Siamo partiti mercoledì notte da Sabratha (in Libia, ndr), eravamo due pescherecci e un gommone – hanno spiegato -. Un primo peschereccio, con circa 500 a bordo, ne trainava un secondo senza motore, con altre centinaia di migranti”. Giovedì mattina la tragedia: “Il peschereccio trainato ha cominciato ad imbarcare acqua e dopo un po’ è affondato. Alcuni si sono buttati in acqua, ma solo in pochi sono riusciti ad aggrapparsi alla fune che legava i due pescherecci”. Il presunto scafista dell’imbarcazione che trainava la barca affondata è stato fermato per ordine della Procura di Ragusa. E’ un sudanese, ora accusato anche di morte come conseguenza di altro delitto: avrebbe ordinato di tagliare la fune da traino del peschereccio che stava per affondare e che, con un “effetto fionda”, ha colpito e ucciso una donna.
Negli ultimi giorni sono stati tre i naufragi documentati dai mezzi di soccorso della Marina, con 65 corpi recuperati, fra cui tre neonati, e centinaia di dispersi. In tutta la settimana sono state 13mila le persone tratte in salvo e sbarcate in diversi porti italiani. Le imbarcazioni in partenza dalla Libia risultano essere in condizioni sempre più disastrose e a stento riescono a raggiungere le acque internazionali, dove sono schierate le navi dell’Europa e dell’Italia. Nell’ultima settimana sono salpati da Sabratha, Zuwara e dalle spiagge vicino Tripoli, a distanza di poche ore l’uno dall’altro, almeno una settantina di gommoni e una decina di barconi stracolmi. Vuol dire più di 15 al giorno, con un rallentamento nella giornata di oggi quando la centrale operativa della Guardia Costiera è dovuta intervenire solo su 4 richieste di soccorso.
Sono inoltre riprese le partenze dall’Egitto, sede di organizzazioni criminali ricche di mezzi e denaro. Le informazioni d’intelligence dicono che i profughi che scappano dalla Siria non hanno ancora intrapreso la rotta del Mediterraneo centrale, ma chiusa la via balcanica e bloccato il passaggio dalla Turchia alla Grecia, è possibile che anche loro tentino la traversata, andandosi ad aggiungere alle migliaia di eritrei, somali ed etiopi che già utilizzano quella rotta, ritenuta la più pericolosa.
Una situazione che rischia dunque di diventare esplosiva per l’Italia e portare al collasso l’intero sistema d’accoglienza, dove sono già ospitate 120mila persone e quasi 20mila minori non accompagnati. Ecco perché il ministro dell’interno Angelino Alfano è tornato a chiedere un maggior coinvolgimento dell’Europa e la necessità di un accordo rapido con la Libia. “Tutte le vittime che stiamo raccogliendo in mare e che ancora raccoglieremo sono la prova di quanto ancora l’Europa sia lontana e indietro nel rapporto con i paesi dell’Africa – ha sottolineato – L’Ue deve arrivare ad un accordo rapido con la Libia, dove ormai c’è un governo, per riuscire ad arginare le partenze”. Ma serve anche un’intesa con i paesi africani, “per organizzare i rimpatri” e creare “campi profughi in Africa”.