31. Juli 2017 · Kommentare deaktiviert für Keinen polizeilichen Code of Conduct: „Mehr Rettungsschiffe!“ · Kategorien: Italien, Libyen · Tags: ,

ANSAmed | 31.07.2017

MSF refuses to sign NGO ‚code of conduct‘

‚Problematic points‘, Save the Children signs up

ROME – Doctors Without Borders (MSF) did not on Monday sign an NGO ‚code of conduct‘ in the latest meeting called by the Italian interior ministry. The announcement was made by general director of MSF Italy Gabriele Eminente, who cited „problematic points“ within it.

Save the Children signed it but the German NGO Jugend Rettet did not. They were the only organizations in attendance. The code lays down 12 commitments that NGOs would have to adhere to in their search and rescue missions. These include promising not to cross into Libyan territorial waters, cooperating with investigations looking into migrant trafficking, and being transparent with their funding. In late April, an Italian attorney from the port city of Catania accused some NGO members of working with human smugglers, a charge that the charities have strenuously denied.

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Sea-Watch | 26.07.2017

BREAKING: Sea-Watch bringt weiteres Schiff in den Einsatz

Der sogenannte Verhaltenskodex, der gestern in Rom vorgestellt wurde, wird keine Menschenleben retten, im Gegenteil. Anders die Sea-Watch 3: Als Reaktion auf die Untätigkeit der EU schickt Sea-Watch ein weiteres Rettungsschiff in den Einsatz. Viele Tausend Menschen ertrinken jährlich an Europas tödlicher Seegrenze. Die Europäische Union aber schaut dem Sterben tatenlos zu und lässt Italien mit den Folgen der humanitären Krise allein. Der in weiten Teilen rechtswidrige Verhaltenskodex ist eine verzweifelte Reaktion Italiens. Anstatt Lösungsansätze zu entwickeln, werden diejenigen in die Mangel genommen, die einspringen, wo staatliche Strukturen versagen: Die zivile Rettungsflotte. Was im Angesicht von erneut über 2000 Toten allein in diesem Jahr gebraucht wird, sind jedoch nicht mehr Regeln, sondern mehr Rettungskräfte!

Sea-Watch erneuert deshalb die eigene Flotte: Mit einem weiteren, deutlich größeren und flexibleren Schiff soll die zivile Rettungsflotte als Ganze gestärkt werden, um schlagkräftiger auf die anhaltende humanitäre Krise an Europas Außengrenzen reagieren zu können. Die Sea-Watch 3 war bereits als Rettungsschiff Dignity I für die Organisation MSF – Ärzte ohne Grenzen (Spanien) im Einsatz und ist für unsere Mission optimal ausgestattet und erprobt. Das Schiff ist dazu in der Lage, deutlich mehr Menschen aufzunehmen und angemessen zu versorgen, als es uns auf der Sea-Watch 2 möglich war. Sie ist ein Zeichen, dass wir uns nicht unterkriegen lassen.

„Die EU lässt auf dem Mittelmeer willentlich Menschen ertrinken, indem sie sichere, legale Wege verweigert und noch nicht einmal ausreichend Ressourcen zur Seenotrettung zur Verfügung stellt,“ sagt Axel Grafmanns, Geschäftsführer bei Sea-Watch. „Die NGOs tragen derzeit die Hauptlast der humanitären Krise auf dem Mittelmeer und werden damit alleine gelassen.“ Die letzten Wochen kam es immer wieder zu Situationen, in denen die Schiffe der zivilen Flotte über die eigenen Kapazitäten hinaus belastet wurden, weil der Rettungsleitstelle in Rom die Ressourcen, oder der politische Wille fehlte, Unterstützung zu schicken. Auch Italien ist mit seinen Kapazitäten am Limit, weil die anderen EU Staaten ihrer Verantwortung nicht nachkommen. So musste etwa die mit 33 Metern verhältnismäßig kleine Sea-Watch 2 zuletzt um die 500 Menschen aus sinkenden Booten an Bord nehmen. „Wir standen vor der Entscheidung: Überladen wir unser Schiff und nehmen sie an Bord, oder lassen wir sie vor unseren Augen ertrinken. Das ist auf die Dauer kein Zustand,“ sagt Sea-Watch Einsatzleiter Reinier Boere.

„Da die Europäische Union immer öfter die Unterstützung bei der Seenotrettung verweigert, ist es für uns eigentlich alternativlos, selbst die Transportkapazitäten zu erhöhen, mit einem Schiff, mit dem wir im Zweifel auch nicht auf italienische Häfen beschränkt sind. Die Sea-Watch 3 bietet uns nicht nur größere Kapazitäten, sondern auch ein großes Plus an Sicherheit für Crew und Flüchtende“, sagt Sea-Watch Vorstand Sandra Hammamy.

Geschäftsführer Grafmanns: „Wir erleben derzeit eine deutliche Zuspitzung der humanitären Krise auf dem Mittelmeer. Rettungsressourcen werden verweigert, Rettungskräfte behindert. Daher ist es an der Zeit, in die Offensive zu gehen. Wir vertrauen auf unsere zahlreichen Unterstützer und Unterstützerinnen, gemeinsam werden wir der Abschottungspolitik etwas entgegen setzen: 648 Tonnen Stahl und eine Crew, die sich nicht so leicht unterkriegen lässt.“

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Il Fatto Quotidiano | 31.07.2017

Migranti, Msf non firma il codice di condotta per le ong che fanno salvataggi in mare: “No ad agenti armati a bordo”

Save the children e Moas hanno invece sottoscritto il testo. Già nei giorni scorsi le organizzazioni avevano contestato la previsione che sulle navi debbano esserci agenti di polizia giudiziaria e il divieto di trasbordo di migranti da una nave all’altra. Amnesty international contro l’invio di navi italiane in acque libiche: „Vergognoso tentativo di tenere alla larga migranti e rifugiati“

Medici senza frontiere non ci sta. L’organizzazione, convocata al Viminale per la firma del codice di condotta per le ong che fanno salvataggi in mare, si è rifiutata di firmare il documento messo a punto dal governo. Il nodo resta quello che la settimana scorsa, nonostante un tentativo di mediazione con i tecnici del ministero, è rimasto irrisolto: la presenza di agenti armati a bordo delle imbarcazioni. “In nessun Paese in cui lavoriamo accettiamo la presenza di armi, ad esempio nei nostri ospedali”, ha spiegato Gabriele Eminente, direttore generale Msf, dopo il vertice. Stessa scelta per la tedesca Jugend Rettet. Save the children e Moas hanno invece firmato. “Gran parte dei punti del codice di condotta indicano cose che già facciamo e ci sono stati chiarimenti su un paio di punti che ci preoccupavano, quindi non abbiamo avuto problemi a firmare”, ha detto Valerio Neri di Save the children Le altre organizzazioni non hanno nemmeno partecipato all’incontro. La spagnola Proactiva Open Arms aveva già annunciato la propria opposizione.

Le ong, nei giorni scorsi, avevano contestato sia la previsione che sulle navi debbano esserci agenti di polizia giudiziaria sia il divieto di trasbordo di migranti dalle navi png a quelle dei soccorsi ufficiali. Venerdì scorso, al termine della seconda riunione, i tecnici del Viminale avevano accolto alcune richieste delle organizzazioni. In particolare nell’impegno a non trasferire i migranti soccorsi su altre navi è stata inserita la frase: “Eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo e sotto il suo coordinamento, basato anche sull’informazione fornita dal capitano della nave”.

L’altro punto contrastato, quello della polizia a bordo, è stato riformulato sottolineando che la presenza degli uomini in divisa avverrà “possibilmente e per il periodo strettamente necessario”. Ma non è stata accolta la richiesta che i poliziotti a bordo siano disarmati. E su questo punto Msf non intende cedere. “Riconosciamo l’approccio costruttivo da parte del ministro, i passi in avanti rispetto alla volta scorsa”, ha spiegato Eminente. “Ma abbiamo comunicato che non firmeremo questo codice di condotta, saranno comunque rispettati quei punti già condivisi dalla nostra organizzazione. Anche se il codice era stato migliorato rimaneva il punto dei trasbordi: abbiamo chiesto di levarlo, perché rischia di pregiudicare l’intera operazione”.

Nel frattempo, alla vigilia della discussione e del possibile voto parlamentare di martedì, Amnesty International ha dichiarato che il progetto del governo italiano di inviare navi da guerra per pattugliare le acque territoriali libiche è “un vergognoso tentativo di aggirare gli obblighi di salvataggio di migranti e rifugiati e di offrire protezione a chi ne ha bisogno”. Secondo il piano del governo, fino a sei navi potrebbero essere impiegate per collaborare con la Guardia costiera libica nell’intercettamento e nel ritorno di migranti e rifugiati in Libia, dove affronterebbero terribili violazioni dei diritti umani. “Il personale militare italiano potrebbe essere autorizzato a usare la forza nei confronti di scafisti e trafficanti“, sottolinea Amnesty, “e di conseguenza migranti e rifugiati potrebbero essere colpiti dal fuoco incrociato”.

“Invece d’inviare navi per salvare vite umane e offrire protezione a migranti e rifugiati disperati, l’Italia si sta preparando a mandare navi da guerra per respingerli in Libia”, ha dichiarato John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa. “Questa vergognosa strategia non persegue l’obiettivo di porre fine al crescente numero di morti nel Mediterraneo centrale, bensì quello di tenere migranti e rifugiati alla larga dalle coste italiane. Le affermazioni secondo cui i diritti delle persone riportate in Libia verrebbero rispettati suonano vuote alle orecchie di chi è fuggito dalle terribili violazioni dei diritti umani nei centri di detenzione della Libia”, ha concluso Dalhuisen.

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