19. Juli 2017 · Kommentare deaktiviert für Italien: Ausreise-Erlaubnisse! · Kategorien: Italien · Tags: ,

In einem offiziösen Interview erklärt das italienische Außenministerium, dass es Flüchtlingen Ausreise-Erlaubnisse ausstellt. Italien solle nicht zu einem Hot-Spot-Land werden, in dem Flüchtlinge und MigrantInnen in Lagern auf unbestimmte Zeit interniert würden. Das aber wünschten anscheinend manche Regierungen anderer EU-Staaten. Die 500 Beamten, die die EU jetzt nach Italien schicke, dienten nicht der Hot-Spot-Lagerverwaltung, sondern der Kontrolle der italienischen Behörden.

Farnesina | 18.07.2017

Giro: «Niente visti ma già diamo i permessi per lasciare l`Italia» (Il Mattino)

«Intanto chiariamo un punto: non si tratta di visti, ma di permessi umanitari. E poi una precisazione: questi permessi li diamo già». Il viceministro agli Esteri, Mario Giro, interviene sulla questione che sta agitando l’Ue: la concessione di permessi ai migranti, con cui questi potrebbero lasciare l’Italia.

Viceministro Giro, cosa accade con questi documenti?

«Tutti quelli che sbarcano vengono identificati. Dopodiché, 1’80% di essi, a differenza di quanto accadeva fino all’anno scorso, chiede asilo. Della richiesta si occupa la commissione territoriale d’asilo, che ha varie possibilità: darlo, rifiutarlo, darne uno temporaneo. In genere il 30% dei richiedenti, ottiene qualcosa. Il resto ricorre e in una seconda fase un terzo di essi prende un permesso. Vorrei ricordare quanto successo in Piemonte qualche tempo fa: dove alcuni imprenditori hanno chiesto che venisse accolta la richiesta, prima rifiutata, per alcuni loro collaboratori. La realtà italiana non è a senso unico contro i migranti».

Un’altra strada per i permessi è l’applicazione della direttiva europea 55 del 2001

«Che consente a uno Stato di concedere permessi temporanei, ma c’è bisogno di una maggioranza qualificata del Consiglio europeo».

La terza strada è l’applicazione della Bossi-Fini.

«Quella che nel 2011 consentì a Maroni, allora ministro degli Interni, di poter far passare oltre 60mila tunisini in Francia, con la quale si aprì una crisi da cui scaturisce l’attuale tensione al confine di Ventimiglia».

Maroni dice che per applicarla c’è bisogno di dichiarare lo stato d’emergenza

«Un semplice atto formale, che comunque non abbiamo intenzione di emanare».

Intanto il governo austriaco sta reagendo duramente alla proposta italiana

«Si preoccupano. E va bene, basta capire il livello di preoccupazione. Qui però il punto è un altro. Quando dall’Europa ci dicono „i vostri hotspot non funzionano“, lo fanno non perché noi non siamo bravi a identificare, ma perché vorrebbero che tenessimo i migranti più a lungo possibile lì senza distribuirli sui territori, in modo da non dargli occasione di andare altrove. Insomma vorrebbero che i nostri hotspot diventassero un luogo di detenzione più che di controllo. Ora Bruxelles ci manda 500 poliziotti da tutta Europa; dicono per aiutarci, in realtà per controllarci. È una decisione rivolta più alle nostre istituzioni che alla risoluzione del problema. Ma devono capire che l’Italia non può diventare il più grande hotspot d’Europa. Ne tanto meno possono farci sentire m colpa perché salviamo vite umane.

La Merkel dice che non vuole tetti per migranti

«Ungeste simbolico, che comunque va apprezzato, anche se non significa esattamente frontiere aperte.

Aggiungo che l’Austria, che pure può apparire feroce, in realtà accoglie 20 rifugiati ogni mille abitanti: la Germania è a 15, noi a 4. È stata molto accogliente. Mi aspetterei una maggiore volontà dalla Francia di Macron. I grandi paesi devono contribuire in misura maggiore: quando sento chi se la prende con Malta, una piccola isola, mi viene da ridere».

Molti sindaci italiani si sono messi alla testa della protesta contro gli arrivi

«Intanto evitiamo i toni drammatici: abbiamo un aumento degli arrivi solo del 10%. Resto convinto delle grandi capacità di assorbimento della società italiana. Siamo nel pieno di un lungo braccio di ferro negoziale con l’Europa, in cui è importante non fare le vittime ed evitare gesti unilaterali che provocano nuovi gesti unilaterali in una catena di ritorsioni che non fa bene a nessuno».

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