26. August 2015 · Kommentare deaktiviert für „Ungarn erwägt Einsatz der Armee“ · Kategorien: Ungarn · Tags: , ,

Quelle: DW

Die ungarische Polizei ist dem Flüchtlingsansturm oft nicht gewachsen. Die Regierung beriet daher jetzt über den Einsatz von Soldaten. Tausende Migranten drängen noch in das EU-Land, bevor der Grenzzaun fertig ist.

In wenigen Tagen soll der Zaun an der ungarischen Grenze zu Serbien fertig sein. Eine der wichtigsten Transitrouten für die Flüchtlinge aus Syrien, dem Irak, Afghanistan und anderen Staaten ist dann versperrt. Somit heißt es jetzt für Tausende Migranten auf dem Balkan: So schnell wie möglich nach Norden, so schnell wie möglich in die EU. Die Zahl der Flüchtlinge an der Grenze Ungarns erreichte einen neuen Höchststand. Die EU-Kommission bot Unterstützung an.

Zum Schutz der südlichen Grenze müsse nach Auffassung der Führung in Budapest möglicherweise auch die Armee eingesetzt werden, berichtete Regierungssprecher Zoltan Kovacs nach Beratungen mit dem nationalen Sicherheitskabinett. Dazu sei aber eine Entscheidung des Parlaments notwendig, das sich in der kommenden Woche damit befassen werde, so Kovacs. Tausende zusätzliche Polizisten sind bereits mobilisiert worden.

Der fast fertiggestellte Grenzzaun soll Asylsuchende davon abhalten, auf ungarisches Territorium zu gelangen. Viele Flüchtlinge nutzen neuerdings Bahngleise, die über die serbisch-ungarische Grenze führen und durch den Zaun nicht versperrt werden können. Andere kriechen unter der Stacheldrahtsperre hindurch oder überwinden das etwa anderthalb Meter hohe Hindernis, indem sie die Drahtrollen niederdrücken und übersteigen.

Allein am Vortag seien 2533 Flüchtlinge aufgegriffen worden, die über die grüne Grenze aus Serbien gekommen waren, teilten die Behörden mit. Am Montag hatte diese Zahl noch bei knapp über 2000 gelegen. Nachdem Mazedonien die Grenze zu Serbien wieder geöffnet hat, ist kein Ende der Zuwanderung abzusehen.

Im überfüllten Erstaufnahmelager Röszke an der Südgrenze, dem derzeit wichtigsten in Ungarn, setzte die Polizei Tränengas gegen Asylsuchende ein. Es gab offenbar Streitigkeiten über das Registrierungsverfahren und die Enge in dem Lager.

Die EU-Kommission bot an, die Notlage durch die Einrichtung eines großen Aufnahmelagers zu entschärfen. „Wir sind bereit, in Ungarn einen ‚Hotspot‘ zu schaffen, weil das Land Unterstützung braucht“, hatte eine Kommissionssprecherin am Dienstag in Brüssel erläutert.

Der Aufbau der sogenannten „Hotspots“ ist eine Kernforderung aus Berlin und Paris. Sie sollen der Registrierung dienen und Flüchtlinge ohne Aussicht auf Asyl gleich aussortieren und zurückschicken. Bislang wurde nur im italienischen Catania ein Hotspot errichtet, ein zweiter ist im griechischen Piräus geplant.

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siehe auch: Deutschlandfunk

Ungarn: Polizei geht mit Tränengas gegen Flüchtlinge vor

Die Zahl der Flüchtlinge an der ungarischen Grenze hat einen neuen Höchststand erreicht.

Nach Angaben der Polizei kamen allein gestern mehr als 2.500 Migranten aus Richtung Serbien – rund 400 mehr als am Montag. Da Ungarn zur Zeit eine Stacheldrahtsperre an der dortigen Grenze errichtet, versuchen viele Flüchtlinge, über Bahngleise ins Land zu gelangen. Sozialminister Balog verteidigte den Bau des Grenzzauns. Da von Seiten der EU keine Antwort auf die steigenden Flüchtlingszahlen gekommen sei, habe man sich gezwungen gesehen, einseitige Maßnahmen zu ergreifen, sagte Balog im Deutschlandfunk.

In einem Aufnahmelager im Süden Ungarns setzte die Polizei Tränengas gegen rund 200 Migranten ein, die versucht hatten, sich der Registrierung zu entziehen.

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siehe auch: The Guardian

Hungary may use army to secure border against migrants

Parliament to debate whether to deploy troops to ‘protect Hungary and the EU’s border’ after police said they caught 2,533 people entering from Serbia

Hungary is considering using the army to secure its southern border, where record numbers of migrants are trying to enter the European Union, many fleeing war in Syria.

Police said a record 2,533 migrants – most of them from Syria, Afghanistan and Pakistan – were caught entering the country from Serbia on Tuesday. More may have passed unnoticed, walking through gaps in an unfinished barrier to a Europe groping for answers to its worst refugee crisis since the second world war.

Hungary, which is part of Europe’s Schengen passport-free travel zone, is building a fence along its 110-mile border with Serbia in a bid to keep out migrants.

Government spokesman Zoltan Kovacs said parliament would debate next week whether to deploy the army. He said: “Hungary’s government and national security cabinet … has discussed the question of how the army could be used to help protect Hungary’s border and the EU’s border.”

The number of migrants travelling through the Balkans has soared in recent weeks, with 3,000 entering Macedonia daily from Greece. Embroiled in a debilitating economic crisis, Greece has taken to ferrying mainly Syrian migrants from its overwhelmed islands to Athens, from where they head north by bus. Fifty thousand arrived on Greek shores in July alone.

Serbia said about 10,000 migrants were passing through the country at any time, their stay lengthening as Hungary nears completion of the fence.

“The situation will get worse, when winter arrives. We’re getting ready to look after double that number,” the Serbian prime minister, Aleksandar Vucic, told the Frankfurter Allgemeine Zeitung.

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siehe auch: Il Fatto Quotidiano [mit Fotoserie]

Migranti, tensione in Ungheria: polizia lancia lacrimogeni. E Budapest valuta l’invio dell’esercito al confine con la Serbia

  • Migliaia di profughi provano a entrare nelle zone di frontiera non ancora chiuse dal muro di filo spinato voluto dal governo Orban.
  • Gentiloni risponde a Merkel: „Nessuno bacchetti l’Italia, che fa quel che deve e anche molto di più, salvando decine di migliaia di vite umane“

Il flusso della rotta balcanica non si arresta. Se Skopje nei giorni scorsi ha aperto la frontiera ai profughi che premono ai confini e che arrivano da Siria, Iraq e Afghanistan, l’Ungheria di Viktor Orban si oppone strenuamente all’arrivo di nuovi migranti. E non solo con la costruzione della barriera metallica e di filo spinato lungo l’intera frontiera con la Serbia: le forze dell’ordine sono ricorse anche all’uso di lacrimogeni per sedare i disordini in un centro di accoglienza a Roszke (al confine con la Serbia). Ma soprattutto il premier Viktor Orban sta valutando di inviare l’esercito al confine meridionale. Secondo la polizia, sono 2.533 i migranti di cui ieri è stato rilevato l’ingresso, e molti altri potrebbero essere passati senza essere scoperti, nelle zone di frontiera ancora aperte. Il portavoce del Parlamento, Zoltan Kovacs, ha dichiarato che la possibilità di inviare l’esercito sarà discussa la prossima settimana.

La Serbia è la tappa intermedia dei viaggi “via terra” per chi fugge dalle zone di guerra: si dirigono in Ungheria, da dove contano di passare in Paesi prosperi del nord Europa, in primo luogo Germania, Austria, Svezia, Olanda e Norvegia. Nonostante il muro ‘difensivo’ voluto da Orban, in tanti riescono a passare. La notte scorsa un migliaio di migranti sono giunti in 18 autobus da Belgrado a Subotica, al confine con l’Ungheria, affluendo nei due centri di accoglienza della zona, Subotica e Kanjiza. La tensione è scoppiata quando la polizia ha radunato con megafoni 300-400 migranti per farli salire su pullman, e alcuni si sono rifiutati di seguire gli ordini. Ma, alla fine, tutti sono saliti.

Gentiloni: “Basta bacchettare l’Italia” – Nel dibattito sull’immigrazione e sull’impegno dell’Europa, interviene anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che in un’ampia intervista al Corriere della Sera risponde al richiamo di Merkel e Hollande sull’apertura dei centri di registrazione per i migranti entro l’anno. Basta parlare di compiti a casa, ha detto il titolare della Farnesina, perché sull’immigrazione “l’Italia fa quel che deve” e anche “molto di più, salvando decine di migliaia di vite umane e accogliendo i profughi”.

Gentiloni ha poi sottolineato come ora la questione essenziale sia “l’europeizzazione della gestione dei flussi, cioè un diritto d’asilo europeo, con definizione comune della titolarità e politiche di rimpatrio comuni”. Gentiloni ricorda che l’Italia a livello internazionale è citata “come modello positivo” e non interpreta il richiamo franco-tedesco come una nuova tirata d’orecchi al nostro Paese. “Chiedere a Grecia e Italia di fare i compiti a casa sull’immigrazione sarebbe come dire a Paesi colpiti da un alluvione di accelerare la produzione di ombrelli – sottolinea -. L’Europa ha bisogno di andare nella direzione esattamente opposta a quella di bacchettare i Paesi alla sua frontiera esterna. E in Francia e Germania vedo piuttosto la consapevolezza della centralità dell’immigrazione”.

Vista l’emergenza, per Gentiloni “la logica – prosegue nell’intervista al Corriere – non può essere quella di applicare regole concepite 25 anni fa, parlo della Convenzione di Dublino, mentre il fenomeno è cambiato radicalmente nei numeri, nelle origini, nelle dimensioni per i singoli Paesi”. Il punto, ha aggiunto, è condividere e modificare le regole dell’accoglienza, senza dimenticare il lavoro di medio periodo sulle cause profonde: guerre, povertà, dittature”.

E ha sottolineato l’urgenza di una responsabilità comune e condivisa dall’Europa dei 28 per affrontare l’emergenza profughi. “I migranti arrivano in Europa – sottolinea Gentiloni -, non in Italia, Grecia, Germania o Ungheria. Così come funziona adesso, si rischia di mettere in discussione Schengen e tornare alle vecchie frontiere”. Per il responsabile della Farnesina un ruolo centrale deve essere svolto in Libia, “per noi la porta di accesso dei flussi migratori”. “I colloqui riprendono domani in Marocco” e l’obiettivo è coinvolgere anche “il Gnc, il Parlamento di Tripoli“. “Senza accordo – dice Gentiloni -, avremmo uno scenario del tutto diverso, centrato sulla coalizione anti-Daesh (Isis, ndr), che in quel caso potrebbe estendere il suo raggio d’azione alla Libia. Attenzione però a non strumentalizzare la minaccia di Daesh, che non deve mai essere sottovalutata, ma in Libia è per fortuna ancora circoscritta”.

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