11. Juli 2016 · Kommentare deaktiviert für Mailand: Migranten wehren sich gegen unzulängliche Aufnahmebedingungen · Kategorien: Italien · Tags:

Quelle: Il Manifesto

Milano, profughi in cerca di accoglienza. Nonostante Salvini

Migranti. Emergenza in diversi punti della città. I volontari si impegnano, ma il Comune fa appello al governo: oggi è prevista la visita del premier Renzi. Il leader della Lega intanto complica le cose con un suo „reportage“

di Luca Fazio

A Milano non c’è nessuna emergenza profughi. Però c’è un pericoloso buffone che filma a distanza gli africani in Stazione Centrale – si intitola Benvenuti a Milanistan il “reportage” di Matteo Salvini – e c’è una situazione che rischia di complicarsi in mancanza di interventi strutturali, causati dalla latitanza del governo che non è in grado di rispondere con rapidità alle insistenti richieste del Comune.

Le stesse dell’anno scorso. Ma oggi arriva Matteo Renzi, è il suo giorno del ringraziamento e potrebbe approfittarne per accontentare il nuovo sindaco di Milano cui deve la sua permanenza a Palazzo Chigi.

Le strutture per dare rifugio ai profughi sono sature, come la scorsa estate, quindi è necessario trovare nuovi luoghi per un’accoglienza degna di questo nome. Ogni giorno arrivano nuove persone, transitano e se ne vanno, anche loro hanno diritto a essere assistite. Chi resta invece ha diritto a rimanere sul territorio in attesa che venga esaminata la richiesta di asilo. I tempi però sono lunghi e le scarse condizioni di vivibilità di alcuni luoghi dove vengono concentrate centinaia di persone favoriscono proteste e rivolte. Sono queste le situazioni più pericolose, per i profughi. Ieri è accaduto nell’ex Cie di via Corelli, dove trenta migranti hanno “occupato” per protesta alcune palazzine destinate all’accoglienza. Quattro operatori si sono rinchiusi in una stanza e per riportare la calma è intervenuta la polizia.

I 440 ospiti della struttura, troppi visto che nel cortile sono state montate delle tende, protestano per la lungaggine dei tempi (passa un anno prima che possano ottenere lo status di rifugiato e il 50% delle domande viene rigettato), la qualità dei pasti e gli orari di apertura e chiusura dei cancelli. Il centro è gestito dalla francese Gepsa, che percepisce dallo Stato 35 euro a profugo.

«Quello di via Corelli – ha detto l’assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino – è un altro segnale di una situazione grave. Ne parleremo con i premier Renzi». Le richieste di queste settimane sono sempre la stesse: rendere agibile per l’accoglienza l’ex campo base di Expo, aprire nuovi spazi nell’area della stazione Centrale e più in generale poter utilizzare caserme abbandonate e altre palazzine che fanno capo al ministero della Difesa. Inoltre, distribuire i richiedenti asilo anche in altri comuni dell’area metropolitana. «Il governo – ripete sempre Majorino – deve smettere di latitare». Nel frattempo, il Comune sta cercando di dare ospitalità a piccoli gruppi anche appoggiandosi alle associazioni (Cascina Cuccagna, Cam). «Non lo facciamo per bontà – ha spiegato ieri don Virginio Colmegna della Casa della Carità – ma per il senso di responsabilità che sentiamo di fronte all’ennesima situazione di emergenza per altro ampiamente prevedibile».

Beppe Sala, durante il suo primo intervento programmatico a Palazzo Marino, ieri ha ribadito la necessità di aprire un nuovo spazio per accogliere centinaia di profughi vicino all’ex area Expo. «Il 14% dei profughi che arriva in Italia è destinato alla Regione Lombardia, punto. Se non si individuano degli spazi per l’accoglienza, queste persone rimangono per strada e nelle aiuole. Sento illustri esponenti del centrodestra che gettano fumo negli occhi, confondendo volutamente un campo attrezzato a due chilometri di distanza con l’area Expo. Io non permetterò che qualcuno confonda volutamente i cittadini milanesi». Dopo queste parole, Salvini ha abbandonato l’aula. Un buon discorso, allora.

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Quelle: Il Fatto Quotidiano

Milano, nuova emergenza profughi causata dal blocco frontiere

“Lo scorso anno l’80% ripartiva, ora solo il 20″

La stazione centrale è ancora rifugio di chi vorrebbe raggiungere il Nord Europa ma è bloccato in Italia. I centri per transitanti sono pieni di richiedenti asilo: il 70 per cento, contro il 2 per cento di un anno fa. Majorino: „Per la terza estate di seguito situazione non cambia“

di Anna Vullo

Samere, berretto da baseball e orecchino, è a Milano da quindici giorni. Viene dall’Eritrea, la sua meta finale è l’Europa del Nord. Ha già provato due volte a varcare il confine con Svizzera e Francia, ma è stato rispedito indietro. Chi è stato identificato in Italia ci deve restare. “Closed, closed!”, spiega incrociando i polsi uno sull’altro. Frontiere chiuse. Il segno distintivo della nuova Europa. E’ per via dei blocchi a Nord che Milano si ritrova alle prese con una nuova emergenza profughi. Sono migliaia quelli che vorrebbero ripartire e rimangono bloccati, come Samere.

E’ quasi mezzanotte quando i volontari finiscono di montare le ultime brandine negli stanzoni del nuovo Hub di via Sammartini 120, dietro alla stazione centrale di Milano. Una distesa di nudi lettini blu occupa ogni centimetro libero. Il dormitorio vero e proprio, settanta letti, è già stracolmo.

All’esterno una lunga fila di persone attende impaziente di accaparrarsi un posto. I volontari, esausti, tentano di arginare la folla che preme e di scongiurare litigi. Qualcuno dribbla la coda e viene rispedito in fondo; altri protestano sventolando i bigliettini di riconoscimento che attestano la registrazione al centro e il diritto di accedere alle strutture. Parte qualche spintone. I lampeggianti di un’ambulanza fendono il buio: all’interno dell’hub una giovane eritrea si è sentita male, piange disperata con le mani sul ventre. Forse una colica. Un ragazzino afgano con l’aria smarrita cerca il cugino maggiore, ospite in un altro centro. Dice di avere 15 anni, ne dimostra 11 o 12. Un volontario crea un varco; gli fa cenno: avanti, nel groviglio di uomini e donne del dormitorio. I minori hanno la precedenza.

Ma tanti, tantissimi, dovranno rassegnarsi a dormire all’aperto, sui prati ingialliti che conducono al Naviglio della Martesana, sui marciapiedi a ridosso dei palazzi. Per quanto ogni sera si accatastino sedie e si smontino tavoli per lasciare posto alle brandine, gli spazi sono limitati e più di 300-350 persone non entrano. L’altra notte hanno trovato riparo in 316, oltre 200 sono rimasti fuori. “Incredibile”, scuote la testa l’Assessore agli Affari Sociali Pierfrancesco Majorino, “siamo alla terza estate di emergenza profughi ed è come se non fosse cambiato nulla”. In realtà, il cambio è sostanziale. “La differenza è che l’anno scorso, con le frontiere aperte, l’80 per cento dei migranti ripartiva”, spiega il presidente di Progetto Arca Alberto Sinigallia. “Quest’anno se ne va appena il 20 per cento”. Così i centri per transitanti sono pieni di richiedenti asilo: il 70 per cento, contro il 2 per cento di un anno fa. Cambiano anche provenienza e composizione dei nuovi arrivi. “Lo scorso anno si trattava in maggioranza di siriani in fuga dalla guerra che oggi, dopo la chiusura della rotta balcanica, sono bloccati in Turchia”, precisa Majorino. “Ora arrivano eritrei, sudanesi, somali, etiopi. E non hanno altra alternativa che restare”.

“L’Europa sta facendo un gioco pericoloso per se stessa e per gli altri”, gli fa eco il neo assessore alla Sicurezza Carmela Rozza, mentre percorre i vialetti intorno all’Hub dove bivaccano decine di africani. “Sta implodendo proprio per la sua incapacità di affrontare il problema dell’emigrazione. La chiusura delle frontiere ha trasformato Milano da terra di passaggio in luogo stanziale”. Il 3 luglio la città registrava già 2793 arrivi; solo nella prima settimana del mese sono state assistite in via Sammartini 1150 persone. E i nuovi arrivati negli ultimi due giorni sono circa 500, che rischiano di fare collassare la macchina organizzativa.

La tensione è arrivata ai massimi livelli giovedì sera, quando il Comune ha avvisato i vertici di Progetto Arca, l’associazione che gestisce l’Hub in collaborazione con Avsi e il supporto di Terres des Hommes e Save the Children, che nei centri di accoglienza vi erano un centinaio di posti letto liberi. Un’occasione per trasferirvi parte dei nuovi arrivati. L’orario della cena è stato posticipato a oltranza per consentire agli operatori di Arca di organizzare i trasferimenti. Ma stanchezza e fame hanno alimentato il malumore. E convincere i migranti a spostarsi si è rivelata un’impresa che ha richiesto l’intervento di polizia e Croce Rossa, dopo che una donna africana è finita a terra spintonata da un suo connazionale.

“Il fatto è che queste persone sono spaventate a morte, soprattutto gli eritrei”, spiega Sinigallia. “Fuggono da una dittatura feroce, molte donne hanno subito violenza durante la permanenza in Libia prima di riuscire a raggiungere l’Italia. La vicinanza con la stazione dei treni dà loro sicurezza, rappresenta una via di fuga. Per questo, nonostante la disponibilità dei centri di accoglienza, non vogliono spostarsi”. Quella che agli occhi del quartiere appare forse come una sorta di invasione barbarica, con il corollario di confusione, sporcizia e bivacchi improvvisati, è semplicemente un’umanità dolente bisognosa di protezione. “Non possiamo non farcene carico”, conclude Alberto Proietti, consigliere di Zona 2. “In questa situazione discutere di chiusura delle frontiere risulta patetico”.

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