04. Oktober 2013 · Kommentare deaktiviert für Lampedusa: Bericht von den Rettungen · Kategorien: Italien, Libyen · Tags: ,

l racconto del sub di Lampedusa
„Quei corpi sott’acqua, abbracciati“

Simone D’Ippolito è stato fra i primi a soccorrere le vittime del naufragio di Lampedusa, e a raggiungere il relitto a 50 metri: „Scene tremende che non dimenticherò. „Allo Stato dico: ora serve un corridoio umanitario, basta con queste tragedie“

[…]“C’erano corpi dappertutto, dentro il relitto, incastrati, ma anche sopra e persino attorno alla barca. Ho visto almeno cento corpi. Tutti morti. Ma la cosa che mi ha più colpito sono stati quei corpi abbracciati, prima di esalare l’ultimo respiro. Forse perché nessuno di noi vuole morire da solo. Ho ancora questa scena davanti agli occhi e non riesco a pensare ad altro“.

Simone D’Ippolito è un omone grosso con i capelli lunghi biondissimi e il viso arso dal sole. Ma la voce trema quando racconta quel che ha visto sott’acqua. Ieri è stato tra i primi ad avvicinarsi al relitto dell’imbarcazione naufragata davanti alle coste di Lampedusa. D’Ippolito, che ha un diving center a Lampedusa, è ancora sotto choc.

Ecco il suo racconto, raccolto dall’agenzia Kronos: „Ieri mattina, intorno alle 7, stavo uscendo con l’imbarcazione del diving center per andare con un gruppo di turisti, appassionati di sub, all’isola di Lampione, a poche miglia da Lampedusa. Mentre uscivo dal porto, ho incontrato una barca, la ‚Gamar‘ di Vito Fiorino. Piangevano tutti. Quando mi sono avvicinato all’imbarcazione ho visto decine di profughi ancora sotto choc e infreddoliti. Fiorino mi ha gridato piangendo: ‚Il mare è pieno di morti, pieno pieno di morti. Non abbiamo mai visto nulla di simile. Noi abbiamo tirato su 47 persone, ma ci sono decine di immigrati laggiù. Molti sono già morti perché non sanno nuotare‘ „.

Simone D’Ippolito non riesce a nascondere l’emozione. Ha gli occhi lucidi: „Io non ci ho pensato su due volte e ho riaccompagnato i turisti al porto spiegando loro che dovevo raggiungere il luogo del disastro, Per fortuna sono stati subito comprensivi. Una donna, un medico, ha detto che poteva darci una mano se volevamo. Così, io, l’equipaggio e la dottoressa ci siamo avviati verso la Tabaccara, dove l’imbarcazione è naufragata“.

Durante la navigazione verso il luogo del disastro, la barca del diver è stata fermata da una motovedetta della Guardia costiera. „Ci hanno pregato di rallentare la velocità perché il mare era pieno di corpi – racconta – Lì ho capito che mi trovavo davanti a una tragedia senza precedenti“. Arrivato sul posto D’Ippolito e il suo equipaggio, con le bombole a bordo, hanno tentato di capire se c’erano ancora profughi vivi. Purtroppo erano già tutti morti. „Galleggiavano ovunque – dice – Ovunque mi girassi c’erano corpi. Terrificante. Non riuscivo neppure a manovrare la barca perché c’erano troppi corpi attorno a me. Ho aiutato la Capitaneria di porto a tirare su decine di cadaveri“.

Nel frattempo si erano fatte le 11 del mattino, il sole era già alto. „A un certo punto mi hanno chiamato perché un peschereccio, con un eco scandaglio particolarmente potente, ha individuato il relitto. Era a 47 metri di profondità. I sommozzatori della Guardia costiera sono venuti sulla mia barca. Io sono sceso in profondità con le bombole d’ossigeno“. Nel frattempo sono arrivate decine di imbarcazioni di lampedusani. „Quanta solidarietà ho visto – dice – noi lampedusani siamo gente di cuore“.

Simone D’Ippolito dopo poco tempo è riuscito ad arrivare sul fondale dove poggia tuttora la barca di legno, diventata bara per decine di corpi. „Non riuscivo a credere ai miei occhi – racconta ancora spaventato – Anche là c’erano corpi ovunque“.

„Sono rimasto per un quarto d’ora sott’acqua – racconta ancora – C’erano soprattutto giovani. Decine e decine di morti. Secondo me sono almeno 100, forse più. Non ricordo di avere visto dei bambini, ma certamente tanti ragazzi e donne“. E ripete ancora di essere rimasto colpito dai corpi abbracciati. „Come si possono dimenticare queste scene – spiega – Io non potrò mai dimenticare“. Dopo 15 minuti l’ossigeno a disposizione è finito a Simone è risalito in superficie. „Ho provato tanta rabbia ma anche tanto dolore – dice ancora tra le lacrime – Come può accadere una tragedia simile?“.

„Mi sono sentito impotente – dice – Non sono riuscito a salvare tante vite umane. Purtroppo non è stato possibile perché quando sono arrivato sul posto erano già tutti morti. Questa povera gente non sa nuotare“. E infine lancia un appello alle istituzioni: „Facciamo dei corridoi umanitari – dice – lo chiedo allo Stato, all’Europa. A chiunque abbia il potere di intervenire. Non possiamo più accettare che accadano tragedie simili. Per favore. Basta“.

via Il racconto del sub di Lampedusa „Quei corpi sott’acqua, abbracciati“ – Palermo – Repubblica.it

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