17. November 2015 · Kommentare deaktiviert für Ghost boat, il giornalismo investigativo cerca i migranti dispersi nel Mediterraneo · Kategorien: Italien, Mittelmeer · Tags: ,

Quelle: Il Tirreno

L’inchiesta open source presentata a The 19 million project, l’evento dedicato ai rifugiati

di Andrea Scutellà

Può una barca con 243 persone a bordo scomparire nel Mediterraneo senza lasciare traccia? È la domanda a cui cercano di rispondere dal 7 ottobre i giornalisti Eric Reidy e Bobby Johnson, il fotografo italiano Gianni Cipriano, la squadra di Matter – pubblicazione online sulla piattaforma Medium – e alcuni freelance e datajournalist esperti di Africa orientale. Nel frattempo prosegue il mistero dei 501 tunisini svaniti nel nulla dal 2011 in Italia: i parenti li hanno riconosciuti in foto e nei video a Lampedusa, ma il nostro governo non ha ancora saputo dare una risposta alla disperata domanda: “I nostri figli sono vivi o morti?”.

Un’inchiesta open source. Il progetto di giornalismo investigativo si chiama “Ghost Boat” ed è una delle storie più interessanti raccontate al “19 million project” , evento che ha riunito comunicatori, attivisti, designer e sviluppatori per trovare una soluzione alla crisi dei rifugiati. L’inchiesta è “open source”: i lettori possono contribuire all’indagine, tradurre documenti dall’italiano e dal tigrino (lingua parlata in Eritrea e in parte dell’Etiopia). Il “fact checking” (controllo dei fatti) è rigoroso ed è affidato a First Draft. “Stiamo cercando di raccontare una storia umana sulle persone che erano su quella nave – spiega Reidy -, ma allo stesso tempo vogliamo investigare su quel che è accaduto, perché da un anno le famiglie non sanno se i loro cari sono vivi o morti ed è una situazione insostenibile”.

La vicenda. “Ghost boat – racconta ancora Reidy – è la storia di un barcone con 243 eritrei a bordo scomparso alla fine di giugno 2014. Quello che sappiamo del viaggio fino ad oggi in realtà è molto limitato: il trafficante di questo gruppo di persone era un uomo sudanese di nome Ibrahim che lavorava in Libia. Le sue operazione erano basate nella fattoria fuori Tripoli, dove erano tenuti anche gli eritrei scomparsi, e Zuwarah, città della Libia occidentale. Ma dal punto in cui hanno lasciato la fattoria non sappiamo cos’è successo. Non abbiamo neanche conferme che la barca sia effettivamente partita”.

“Qualcuno sta mentendo”. Da quando gli eritrei lasciano la fattoria la storia si perde in una coltre di nebbia. L’uomo che potrebbe sciogliere il mistero è Measho Tesmafarian, oggi in carcere a Roma perché accusato di far parte dell’organizzazione di trafficanti guidata da Jamal el-Saoudi, colpita da 9 arresti nell’operazione Tokhla. “Era l’intermediario tra i trafficanti e le famiglie, ma neanche lui ha confermato che le persone abbiano raggiunto la nave”, prosegue Reidy, che analizza più da vicino le connessioni tra Tesmafarian, el-Saoudi e la Ghost Boat all’interno dell’articolo “Someone is making up lies” (“Qualcuno sta mentendo”).

Nuovi desaparecidos: i 501 tunisini scomparsi nel 2011. Nonostante le moderne tecnologie, è sempre più frequente che centinaia di persone scompaiano nel nulla durante il viaggio verso l’Europa. È il caso dei 501 tunisini svaniti tra il Mediterraneo e l’Italia, di cui le famiglie attendono da 5 annni notizie dal nostro e dal loro governo. “Io mi chiamo Samir Raouafi – racconta un uomo – sono qui per in Italia perché sono il padre di Mohammed Raouafi. Mio figlio è partito da Sfax in Tunisia in una barca con 41 persone, è entrato in Italia nel 2011. Mi ha telefonato e mi ha detto: papà sono arrivato, sto bene, non sono morto”. Samir, con la moglie Meherzia, regge un cartello con le foto, un po’ sfocate, che ritraggono il figlio all’interno di un pullman a Lampedusa. “È stato portato via dalla polizia!”, aggiunge il padre, infervorandosi. “Mia moglie ha parlato anche con il presidente Napolitano. Vogliamo la verità. Ma fino ad ora non abbiamo ricevuto alcuna risposta”.

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