05. Mai 2018 · Kommentare deaktiviert für Libyen-Sizilien-Malta: Das Amalgam Seenotrettung & Dieselschmuggel · Kategorien: FFM-Texte, Italien, Libyen, Malta · Tags: , , , ,

Die Staatsanwaltschaft Catania (Sizilien) hat sich zu einer Agentur der Repression im zentralen Mittelmeer entwickelt. Doch die Sozialgeschichte der Flucht über das Mittelmeer und des informellen Handels lässt sich nicht in das staatsanwaltliche Konstrukt einer allumfassenden OK einpassen.

Mehr als die Hälfte des libyschen Diesel-Exports geht auf Schmuggelwegen ins Ausland. Das ist zunächst nicht weiter verwunderlich. Schon immer haben Preisunterschiede zwischen Ländern zu kleinem, aber massenhaftem Dieselschmuggel geführt. An den Straßen Südtunesiens verkaufen seit langer Zeit arme Leute libyschen Diesel aus Kanistern, genauso wie an den Straßen Westmarokkos algerischer Diesel verkauft wird. Im Falle Libyens kommt hinzu, dass das Land seit 2011 durch diverse lokale Milizen beherrscht wird.

Ebenfalls ist nicht verwunderlich, dass die Boat-people den Routen des Warenverkehrs folgen, hier also den Pipelines und den Dieselschiffen oder auch den Orientierungspunkten auf dem Meer, den Off-Shore-Ölplattformen mit ihren riesigen Aufbauten und fackelnden Feuern. Die kleinen Geschäftsleute auf dieser Route haben die besten transnationalen Verbindungen und können am ehesten für den migrantischen Transfer bürgen.

Die Staaten Italien und Malta und das italienische Öl-Grossunternehmen ENI haben sich in den letzten Jahren in diese Geschäfte auf widersprüchliche Art verstrickt. Einerseits bezahlt die ENI seit 2011 Lokalmilizen in Westlibyen, offensichtlich mit Zustimmung der italienischen Regierung, damit sie die „italienischen“ Raffinerien an der libyschen Küste und das libysche Ende der Meerespipeline bewacht. Andererseits sind seit Jahr und Tag eben diese Milizen im Dieselschmuggel und in der kommerziellen Fluchthilfe engagiert dabei. Einerseits übernimmt der italienische Staat alle Boat-people aus der riesigen maltesischen SaR- (Such- und Rettungs)-Zone, andererseits wird der maltesischen politischen Klasse und der sizilianischen Cosa Nostra eine wachsende internationale Brokerfunktion auf dem Dieselschmuggelmarkt zugestanden. Der Preis des Diesels der neuen offiziösen Schmuggler-Kartelle liegt bei einem Drittel des offiziell exportierten libyschen Diesels. Der Dieselschmuggel der kleinen Leute wird im zentralen Mittelmeer verdrängt.

Mit dem EU-finanzierten, italienisch organisierten Aufbau der libyschen Küstenwache gerät das transnational agierende Dieselschmuggelkartell im zentralen Mittelmeer ab dem Jahr 2016 in die Krise. Denn das italienische Innenministerium rekrutiert für die entstehende libysche Küstenwache Milizen, die sich gegen hohe Entschädigung nun gegen ihre früheren Geschäftspartner, die kleinen Dieselschmuggler und die Boat-people, wenden.

Der italienische Staat wird seit 2016 mittels der Staatsanwaltschaft Catania repressiv tätig, die von einem möglichen Amalgam des Dieselschmuggelkartells und von NGO-Seenotrettungsschiffen ausgeht. Sie veranlasst disparate Kriminalisierungen, Beschlagnahmungen und Verhaftungen.

Zeitgleich multiplizieren sich seit 2016 Untersuchungsergebnisse internationaler kriminaljuristischer sowie UN- und US-geführten Organisationen über Schmuggel, Schlepperei und Schleuserei in Libyen wie im zentralen Mittelmeer. Die Boat-people, deren Selbstorganisation vom Horn von Afrikas sowie von Westafrika bis Libyen in der Migrations-Forschung immer stärker belegt wird, erscheinen in den polizeiähnlichen Berichten nur noch als Opfer eines OK-Komplexes.

Als die maltesische Investigativjournalistin Daphne Caruana Galizia am 16. Oktober 2017 mit einer Autobombe auf Malta ermordet wird, weisen die Zeichen der Urheberschaft sowohl auf die maltesische politische Klasse, die mit den Panama Papers erneut demaskiert wurde, wie auch in der Mordart auf die Cosa Nostra. In der Folge beginnen zahlreiche kritische Recherchen von Journalist*innen, die auch neues Licht auf die skizzierten Verhältnisse im zentralen Mittelmeer werfen können. Hier im Anschluss ein aktueller Investigativ-Artikel aus der italienischen Tageszeitung „La Repubblica“.

La Repubblica | 03.05.2018

Malta, il paradiso dei trafficanti

di GIULIO RUBINO, CECILIA ANESI, LORENZO BAGNOLI/IRPI

„Sta emergendo uno schema per cui i trafficanti di droga finiscono ammazzati a colpi di pistola, mentre i trafficanti di diesel saltano in aria con le autobombe“. Così scriveva, un anno prima della sua morte, la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia. Tra il 2014 e il 2016, i presunti trafficanti saltati in aria sono stati sette, altre due sono stati gravemente feriti mentre un altro è scampato da un attentato fallito. „L’escalation nel numero di banditi uccisi da altri come loro – tutti coinvolti nella droga e in qualche genere di traffico – ci dà l’idea di quanto stia crescendo il sottobosco criminale“, scriveva ancora la giornalista a gennaio 2016.

Nove giorni dopo l’omicidio, gli investigatori maltesi hanno dichiarato al Times of Malta che Daphne stava investigando sul „coinvolgimento di soggetti maltesi in un’operazione di traffico di carburanti portato avanti da trafficanti libici e mafia siciliana“. Una delle tante inchieste che non ha potuto concludere.

Per proseguire il suo lavoro, il centro di giornalismo d’inchiesta IRPI e Repubblica hanno unito le forze con altri 40 giornalisti di 18 testate internazionali nel „Daphne Project“, coordinato da Forbidden Stories. IRPI e Repubblica hanno indagato a fondo il sistema di contrabbando di carburanti che ha Malta come fulcro: un business milionario che ha riversato sull’isola denaro sporco e alimentato violenza. Un affare che tiene insieme le milizie libiche di Zuwara, la mafia siciliana e importanti armatori dell’intero Mediterraneo. Secondo quanto documentato da una recente operazione condotta dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Catania, il cartello libico-maltese-siciliano, in un solo anno, ha incassato 26 milioni di euro dalla vendita di gasolio di contrabbando ad un solo cliente italiano.

Navi e gasolio

„Malem (capo, in arabo) buongiorno, tutto bene? Sono in Italia. Sul BASBOSA tutto ok, capito?“
„È pronta?“,
„Sì, pronta, ci mancano solo 300, solo su di lei, perché non l’ha preso tutto sul SOLIA capito?
„e i 300 non li possiamo mandare con il SEA MASTER?“
„Così farò sai? oggi arriva il SEA MASTER… Oggi verso le 12, verso l’una, le 12, di mattina.“

A parlare è Darren Debono, ex difensore del Valletta FC e star della nazionale di calcio maltese. La Guardia di Finanza di Catania lo intercetta telefonicamente perché lo ritiene a capo di un cartello di trafficanti che tra il 2015 e il 2017 ha contrabbandato tonnellate di gasolio dalla Libia all’Italia.

Il suo interlocutore è Fahmi Slim Ben Khalifa, libico di Zuwara, detto  ‚il re dei contrabbandieri‘. Così lo chiamano le RADA, le forze speciali del governo di Tripoli. Gli investigatori italiani lo ritengono a capo di una milizia locale, anche se secondo analisti esperti di Libia è in realtà una pedina in mano ad altri miliziani, più potenti. E‘ una sorta di vassallo al servizio dei fratelli Mohamed e Walid Koshlaf, che, secondo il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sono i veri padroni della regione di Zuwara, nella Libia occidentale. I Koshlaf, ufficialmente miliziani a protezione delle raffinerie della zona, s’arricchiscono con traffici di diversa natura, in particolare migranti e, appunto,  gasolio.
Debono e Ben Khalifa parlano in modo chiaro, senza ricorrere a messaggi in codice. Sull’asse Italia-Libia, in un Mediterraneo che ormai è frontiera sempre più evanescente, si sentono al di fuori di ogni giurisdizione. Parlano di navi e di tonnellate di gasolio di contrabbando che dalla Libia deve raggiungere Malta: un business che sta fruttando milioni a entrambi.

Darren Debono, 44 anni, una volta appesi al chiodo gli scarpini, è diventato un imprenditore piuttosto eclettico a Malta. Come l’isola da cui proviene, è abile a connettere sponde differenti del mare che lo circonda, per trarre profitto dalla sua posizione da intermediario. L’ex calciatore è infatti impegnato in moltissime attività: ha un noto ristorante di pesce, (‚Scoglitti‘), una flotta da pesca e, da ultimo, si è dato al commercio di gasolio. È un innovatore, entra in ogni nuovo business a gamba tesa, con un gran talento per gli affari e con una marcia in più data dal sapiente uso dei suoi contatti in ogni dove.

Nato in una famiglia nazionalista, non ha avuto problemi a saltare sul carro dei vincitori quando i laburisti sono saliti al potere, nel 2013. A ‚Scoglitti‘ organizzava feste di gala e brindava con parlamentari e ministri, tanto che la gente de la Valletta diceva: „Se ti serve il ministro, meglio che lo cerchi da Scoglitti!“.

L’asse con Cosa nostra

Il 10 marzo 2016, quando Darren chiama Ben Khalifa per confortarlo sui progressi delle loro operazioni, il loro business è oramai ben strutturato. La Basbosa di cui parlano è la loro piccola nave cisterna che trasporta il gasolio dalla Libia. Il suo carico viene diviso fra la Solia e la Sea Master X, altre navi cisterna di proprietà di alcuni partner commerciali. E sono queste ultime due le imbarcazioni che portano il gasolio agli acquirenti finali a Malta e in altri Paesi europei.

A questo business Darren è arrivato seguendo il suo istinto imprenditoriale. Almeno da dieci anni possiede una piccola flotta di pescherecci e successivamente è entrato nel commercio di prodotti ittici, un business che lo ha portato in affari con Nicola Orazio Romeo, un imprenditore siciliano che gli ha aperto le porte del mercato del pesce di Acireale.

Romeo è considerato dalla procura di Catania vicino al clan dei Santapaola, che mantiene il controllo su Acireale tramite l’alleanza con i Laudani. Il legame con Ben Khalifa appare per la prima volta nel 2015, quando  il libico entra tra  i soci di Darren nella società maltese ADJ trading.

Quattro anni dopo, nel 2011, la Libia è entrata nel caos.  Da quando Gheddafi è stato abbattuto, il Paese è frammentato: milizie diverse comandano su piccole porzioni di territorio. La raffineria di Zawyia, città a 70 chilometri da Zuwara, finisce sotto il controllo delle „Petroleum Facilities Guard“ (PFG), milizie di Mohammed Koshlaf, uno dei due fratelli,  incaricate di difendere i compound delle raffinerie libiche. Ma, secondo il Panel di esperti delle Nazioni Unite, sono proprio le PFG per prime a saccheggiare il gasolio dalle raffinerie per rivenderlo al mercato nero. Tra il 2014 e il 2016, quando Darren Debono entra in azione, nessuna autorità statale è in grado di mettere un freno al mercato nero, che in quegli anni ha raggiunto il suo picco. In quel periodo, stabilire una chiara distinzione tra gasolio di contrabbando e gasolio legale è quasi impossibile.

L’opportunità salta subito agli occhi dei partner Debono, Romeo e Ben Khalifa. Del resto, vendere gasolio di contrabbando, in sé, non è cosa nuova nel Canale di Sicilia. Per i pescatori maltesi, dal 2011, comprare gasolio a un terzo del prezzo in Libia è del tutto normale e, purché dichiarato e tassato dalle dogane maltesi, anche legale.

Ma Darren Debono pensa in grande. Insieme ai suoi due partner ha già quasi tutti i pezzi in mano per trasformare un piccolo contrabbando ‚condonato‘ in un affare illecito da milioni di euro. I tre intendono usare le barche da pesca solo per trasbordare gasolio, con diversi viaggi, in navi cisterna più grandi, ormeggiate appena al largo delle coste libiche. Queste a loro volta possono navigare fino a Hurd’s Bank, un punto di ancoraggio a sud-est di Malta, appena fuori dalle acque territoriali, e lì trasferire il carburante a bordo di petroliere più grandi, che poi lo possano portare ai compratori finali in tutta Europa, visto che hanno tutte le carte in regola.
I presunti trafficanti, assieme, possono contare su almeno una nave cisterna di loro proprietà, la Basbosa Star, una vecchia carretta lunga appena 60 metri, abbastanza piccola da attraccare direttamente nei porti libici dove non ci sono strutture per permettere a navi più grandi di avvicinarsi.

I Debono raddoppiano

A questo punto della vicenda la sola cosa di cui Debono e Ben Khalifa hanno ancora bisogno è un’azienda di trading di carburanti già strutturata, che appaia credibile sui documenti di trasporto. Una società che abbia a disposizione navi cisterna di grandi dimensioni, che non destino sospetti quando scaricano nei principali porti d’Europa.

È sempre a Malta che trovano l’ultima risorsa. L’azienda è la „Petroplus“, di proprietà di Gordon Debono (nessuna relazione di parentela con Darren), il numero uno sull’isola nel commercio di prodotti petroliferi. Gordon Debono possiede due dozzine di aziende che spaziano dall’immobiliare all’affitto di yacht. Dalle pulizie, fino, appunto, al commercio di gasolio. Ma è la „Petroplus“ il suo fiore all’occhiello, l’impresa di cui va tanto orgoglioso. Ospitata all’ottavo piano della prestigiosa Portomaso Tower, l’unico vero grattacielo di Malta, la Petroplus ha un giro di oltre 100 milioni di euro all’anno.

L’alleanza con Gordon regala a Darren e Ben Khalifa un modo semplice di falsificare i certificati di origine dei carichi. La „Petroplus“ è socia della Camera di Commercio Libico-maltese, che vidimava per la società certificazioni in cui si dichiarava che il gasolio fosse saudita, nonostante in realtà fosse libico. Vidimazioni fatte sulla fiducia, come ha ammesso candidamente la Camera di Commercio Libico-maltese a Repubblica.

In poco tempo, e provocando via via l’irritazione di Darren Debono e Ben Khalifa, l’esperienza nel settore di Gordon Debono lo ha portato ad assumere un ruolo da „direttore del sodalizio“. Secondo la Guardia di Finanza di Catania, era infatti lui che decideva la destinazione finale dei carichi e che comunicava con i capitani delle navi, dando loro istruzioni.

Le indagini italiane hanno dimostrato operazioni di contrabbando con le navi Vassilios XXI, Santa Pawlina, Portoria, e Haci Telli, tutte molto più grandi e nuove di qualsiasi cosa Darren Debono e Ben Khalifa potessero permettersi. Rispetto a Darren, Gordon Debono può contare su una rete di acquirenti veramente internazionale, molto più ampia.

Grazie alle sue stabili relazioni commerciali con la Turchia, ha a disposizione le navi del gruppo turco Selay, una grande azienda di prodotti petroliferi. I proprietari, i turchi Suhpi e Fuat Çolak, possiedono diverse altre aziende a Malta e nell’isola caraibica di Curaçao, come rivelano documenti pubblicati dall’inchiesta sui Paradise Papers.

La maggior parte dei contatti internazionali di Gordon provengono dal suo collaboratore più fidato, un broker di prodotti petroliferi di nome Rodrick Grech, il personaggio più misterioso di questa storia. Grech è stato indagato dalla Guardia di Finanza di Catania, ma le autorità maltesi non hanno collaborato alla sua identificazione e per questo non compare tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare.

Grech ha tentacoli in tutto il Mediterraneo. Per il consiglio di sicurezza dell’ONU muove carichi per o con aziende libiche, turche, ucraine e russe. Il legame con l’Est è uno dei suoi assi nella manica. A sostegno del business con Darren Debono, infatti, mette a disposizione   letre navi cisterna della Manchester Shipping, un’azienda ucraina con cui ha forti legami. Sempre secondo l’ONU, Grech avrebbe contatti commerciali indipendenti con la citata Selay Group e con un fornitore di gasolio alternativo a Ben Khalifa in Libia.

Diesel per Malta

L’indagine della Procura di Catania si è concentrata sui clienti italiani del cartello di Debono. Ma l’analisi dei movimenti delle navi e dei registri mercantili, confermata da fonti maltesi, dimostra che alcuni dei maggiori compratori sarebbero proprio delle grandi aziende basate a Malta.

Due di queste si occupano di bunkeraggio: la San Lucian Oil (maltese) e la Kolmar AG (svizzera). Le loro cisterne si trovano rispettivamente nei porti di Birzebbuga e Marsa.

In quest’ultimo porto almeno una delle navi del gruppo di Debono, il 4 maggio 2015, ha scaricato gasolio libico di contrabbando. Entrambe le aziende, contattate dai reporter di IRPI, non hanno risposto alle richieste di chiarimenti.

Un giornalista locale aveva già all’epoca documentato tutte le soste delle navi dei Debono nelle strutture della Kolmar, ma alla fine ha deciso di non pubblicare le sue ricerche dopo aver subito minacce. A questa documentazione ora si aggiunge il fatto che le autorità italiane hanno avuto conferma di sostanziose somme di denaro pagate da Kolmar e San Lucian a Debono.

Il terzo importante compratore maltese è il proprietario della Solia, la nave nominata nelle intercettazioni. Si tratta di Michael Zammit, che assieme al figlio Eddie e ad altri membri della famiglia possiede stazioni di servizio e quattro navi cisterna (fra cui la Solia) che pattugliano costantemente le coste di Malta facendo rifornimento in mare alle navi ancorate lì intorno.

Battaglia navale

Fino a marzo 2016, per i Debono, Ben Khalifa, Grech e Romeo gli affari vanno a gonfie vele, fino al punto che Darren e Ben Khalifa pensano di comprare la Temeteron, una petroliera da 110 metri, con la metà degli anni ed il triplo della stiva della Basbosa. Ma Gordon e Rodrick si intromettono nelle trattative e, probabilmente grazie a contatti pregressi con gli ex proprietari, soffiano l’affare alla coppia libico-maltese e si comprano la Temeteron, una nave con diversi precedenti di operazioni illegali: nel 2004 è stata fermata ad Atene mentre scaricava sigarette di contrabbando e l’anno successivo ai controlli è risultata con un carico di petrolio privo di documentazione.

La corsa per acquistare la Temeteron è stato solo il primo passo che ha condotto a un progressivo deteriorarsi dei rapporti fra i quattro. In poco tempo, le cose andranno così male che Ben Khalifa giurerà di non dar più neppure una goccia di gasolio a Gordon e Rodrick, i quali a loro volta non metteranno più a disposizione del sodalizio la Petroplus. Il risultato è che Darren dovrà trovare un nuovo modo di falsificare i documenti.

La rappresaglia di Darren Debono e Ben Khalifa, usciti sconfitti dalla battaglia per la Temeteron, non si fa attendere. Il 10 maggio 2016 la più piccola delle navi di Gordon, la San Gwann, viene fermata dalla guardia costiera libica a tre miglia dal porticciolo libico di Abu Kammash con 85 mila litri di gasolio illegale. La Basbosa e la Sea Master X, in quel momento, stavano transitando nella stessa zona ma vengono ignorate dalla Guardia costiera locale.

Clienti dei due Debono, interrogati dalla polizia italiana, rivelano che sarebbe stato Ben Khalifa a fare la soffiata ai libici, con l’intento di intralciare il rivale. Lo stesso Gordon, come dimostra un’intercettazione, è convinto che sia sempre Ben Khalifa dietro al sequestro della Temeteron, ordinato dalla Guardia costiera libica sempre nella stessa zona a giugno 2016.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore

I trasferimenti di gasolio da nave a nave a Hurd’s Bank avvengono quotidianamente. Chiaramente si tratta di movimenti in gran parte legali, o comunque effettuati appena fuori delle acque territoriali di Malta.
Una perfetta giustificazione per le autorità maltesi, che hanno dichiarato che non c’era nulla che potessero fare per impedire questi traffici, considerando che avvenivano fuori dalla loro giurisdizione. Questo, però, è vero solo parzialmente. Per quanto la maggior parte di Hurd’s Bank sia quindi fuori dalle acque territoriali, ricade pienamente nelle cosiddette acque contigue, un’area fino a 24 miglia dalla costa dove le autorità di ciascun paese hanno il pieno diritto di prevenire e punire ogni „violazione delle sue dogane, o delle sue leggi fiscali, sanitarie o di immigrazione“.

La Guardia costiera maltese è ben cosciente di quello che succede nei suoi mari. Ha perseguito con zelo casi di barche da pesca che trasportavano carburante non dichiarato, arrivando in un’occasione a fermare il peschereccio addirittura al limite delle 24 miglia dalla costa. Ai pescatori non va giù che abbia al contrario ignorato, in apparenza volontariamente, le navi dei Debono, anche quando entravano in porto per consegnare gasolio di contrabbando alla San Lucian Oil e alla Kolmar Group AG. Il Ministero degli Interni di Malta, che gestisce la guardia costiera e le dogane, ha risposto alle domande di IRPI sostenendo di non avere informazioni in merito.

The Ghost Broker

Il 17 ottobre 2017, il procuratore Carmelo Zuccaro di Catania ha chiesto e ottenuto un’ordinanza di custodia cautelare emanato per Darren Debono, Ben Khalifa, Goron Debono, Nicola Orazio Romeo e i loro principali acquirenti in Italia. Daphne Caruana Galizia era stata uccisa il giorno prima.

Gordon e Romeo vengono arrestati subito, a Catania. Darren è in mare e viene fermato solo tre giorni dopo, il 20 ottobre, mentre aspetta il pezzo di ricambio per il motore di una sua barca da pesca a Lampedusa. Ben Khalifa, invece, è già in carcere in Libia, dall’agosto precedente.

Con tre dei quattro protagonisti fuori dai giochi, le operazioni di contrabbando di carburante dai porti libici sono rallentate, ma non si sono mai fermate del tutto. C’è ancora un pezzo importante del cartello dei Debono in libertà: Rodrick Grech, il trader che la Guardia di Finanza non ha mai potuto identificare.

Grech, che ha sulla sua agenda tutti i contatti necessari per gestire il business anche da solo, il giorno dopo l’arresto del suo compare Gordon, apre a Malta una nuova azienda di trading di prodotti petroliferi, affitta un nuovo ufficio in un’altra parte dell’isola, e si rimette in attività come nulla fosse.

Trovarlo non è cosa semplice. Il suo nome compare nel registro imprese maltese e in una lista di nomi di persone e aziende accusate di traffico di gasolio in Libia pubblicata a febbraio dal Dipartimento del Tesoro statunitense allo scopo di impedire a questi soggetti rapporti commerciali con gli Stati Uniti. Ogni indirizzo appartenente a Grech porta a negozi chiusi o a case che ha venduto.
L’unico punto fisso nella costellazione di aziende e contatti che gli ruota attorno è la 360 Marine Trading Ltd, registrata alle Seychelles: l’impresa con cui ha costruito la sua fortuna. Per i ricercatori dell’Onu è tramite quest’azienda che Grech movimenta le imbarcazioni implicate nel traffico di gasolio. L’ultima sua nuova azienda si chiama Spin Commodities Ltd, e anche con questa Grech sembra volersi tenere il più possibile lontano dalla lente degli inquirenti.

L’indirizzo ufficiale della Spin è „2, Theresa Building, 21 September Avenue“.  Nella via, a quel civico non c’è nessun edificio chiamato così. Esiste però „Tereza Court“, ma quattro isolati piu in là, sulla traversa Hal-Dghejf. L’inidirizzo è abbastanza simile da permettere a chiunque lo conosca di trovarlo, ma abbastanza diverso da confondere tutti gli altri. Il nome di Grech non c’è su nessun campanello, ma nella cassetta delle lettere c’è la conferma che è quello il suo indirizzo: una missiva indirizzata a lui. A un mese di distanza, quattro visite in orari diversi, finiscono tutte a vuoto. Quasi a pensare che Grech non esista davvero.

Mentre gli ex soci sono ai domiciliari in Italia con il divieto di comunicare con l’esterno, Grech manda avanti il business, tanto in Libia come nel resto d’Europa. Usa le navi cisterna della Manchester Shipping e secondo i report dell’ONU ha fatto da broker per dei carichi di gasolio di contrabbando destinati agli stessi partner turchi di Gordon, il gruppo Selay. Sempre secondo l’ONU, in quel caso i carichi sarebbero stati forniti da un altro libico, Jamal Al Assairi, proprietario dell’azienda libica Al Fadeel.

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