10. April 2018 · Kommentare deaktiviert für Libia, “esecuzioni e torture sui detenuti”: l’Onu accusa ministero Interno di Sarraj. Che ferma i migranti per conto dell’Italia · Kategorien: Italien, Libyen · Tags: , ,

Bericht der UNO über die Spezialeinheiten / Milizen der libyschen sog. „Einheitsregierung“ unter Sarraj in Tripolis: Dokumentiert werden zahlreiche Todesfälle durch Folter und extralegale Hinrichtungen in Lagern dieser „offiziellen“ Milizen. Diese sind auch mit der Migrationsbekämpfung und der Verwaltung der Internierungslager von Transitflüchtlingen beauftragt. Der komplette englischsprachige Bericht kann hier heruntergeladen werden.

Il Fatto Quotidiano | 10.04.2018

Al dicastero fanno capo due milizie – la ‚Central Security/Abu Salim‘ e la ‚Special Deterrence Force‘ – accusate dalla missione Unsmil di commettere violazioni dei diritti umani nelle sue strutture di detenzione. Dallo stesso ministero dipende il ‚Dipartimento per la lotta alla migrazione illegale‘ che gestisce diversi centri nei quali viene rinchiuso chi viene fermato nel Mediterraneo in base all’accordo firmato da Gentiloni e Al Sarraj

di Marco Pasciuti

Un uomo sui 50 anni. Una milizia controllata dal ministero dell’Interno lo aveva sottoposto a interrogatorio. Nel giugno 2017, quattro giorni dopo il fermo, i familiari erano stati informati della sua morte. Un rapporto visionato dalla Human Rights, Transitional Justice, and Rule of Law Division della missione Unsmil certificava che l’uomo era stato “sottoposto a pestaggi e torture”.

Il suo è uno dei 37 corpi portati senza vita negli ospedali di Tripoli lo scorso anno con inequivocabili segni di tortura addosso. E’ la punta di un iceberg gigantesco fotografato nell’ultimo report dell’Office of the United Nations High Commissioner for Human Rightsfatto di “orribili abusi, detenzioni illegali e violazioni dei diritti umani” che avvengono almeno dal 2015 nelle prigioni gestite dalle milizie alleate del governo di unità nazionale patrocinato dall’Occidente e guidato da Fayez Al Sarraj. Cui l’Italia ha affidato il compito di fermare i barconi carichi di migranti diretti verso la Sicilia.

Il ministero dell’Interno è controllato dagli uomini di Al Sarraj. E’ il dicastero cui fa riferimento una delle due “Guardie costiere” di Tripoli che, in base al memorandum firmato da Sarraj e Paolo Gentiloni il 2 febbraio 2017, hanno il compito di fermare in mare i migranti diretti verso l’Italia. “La detenzione di migranti, richiedenti asilo e rifugiati non è l’oggetto di questo report”, si legge, ma dal ministero guidato da febbraio dal generale di brigata Abdul Salam Ashour dipende anche il Dipartimento per la lotta alla migrazione illegale che gestisce diversi centri di detenzione nei quali viene rinchiuso chi viene fermato nel Mediterraneo, definiti il 14 novembre 2017 dalle Nazioni Unite “un oltraggio alla coscienza dell’umanità“. Allo stesso dicastero fa capo anche il gruppo detto Central Security/Abu Salim, che controlla il sobborgo sud-occidentale della Capitale.

I suoi uomini sono responsabili, secondo l’Onu, di diverse sparizioni forzate e della morte di un uomo trovato senza vita a Tripoli nel luglio 2016, con addosso pesanti segni di percosse, frutto del trattamento subito nelle due settimane trascorse nel centro di detenzione gestito dalla milizia armata, guidata da Abdel Ghani al-Kikli. Che fin dall’aprile 2016 garantisce la sicurezza del Consiglio Presidenziale nella capitale insieme alla Tripoli Revolutionaries Brigade e alla Special Deterrence Force. Quest’ultima dipende sempre dal ministero dell’Interno, il Governo di Accordo Nazionale lo ha pubblicamente elogiato “per la funzione svolta nella lotta al crimine“, e gestisce il carcere di Mitiga. Un inferno in terra, secondo le testimonianze e le prove raccolte dalla United Nations Support Mission in Libya.

La Human Rights Division “è stata in grado di documentare” la morte di un 20enne avvenuta tra le sue mura nel giugno 2016: “Il suo corpo era coperto di cicatrici, aveva gli arti spezzati e presentava diverse ferite da arma da fuoco“. Il ragazzo era uno delle migliaia di ospiti del compound che, secondo i dati forniti dalla Sdf durante l’unica visita concessa, nel 2016 ospitava “1.500 detenuti di sesso maschile e 200 di sesso femminile, compresi i bambini”. Un anno dopo le celle si erano riempite ulteriormente: “In base alle informazioni ricevute da un membro dell’Ufficio del procuratore generale, alla fine di novembre 2017 erano detenute 2.600 persone“.

Che vengono detenute in “condizioni inumane“: “Dal dicembre 2015, la HRD ha documentato nella struttura gravi violazioni dei diritti umani – si legge nel documento – come la detenzione arbitraria, tortura, isolamento prolungato, decessi in custodia ed esecuzioni sommarie“. Tra le vittime preferite dei miliziani in servizio a Mitiga ci sono le donne, che vengono “percosse e frustate”: “In alcuni locali, le detenute sono costrette a spogliarsi e sono sottoposte a ricerche invasive nelle cavità da parte delle guardie o sotto lo sguardo di funzionari di sesso maschile”.

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The Libya Observer | 10.04.2018

UN: Thousands of Libyans held in prolonged arbitrary and unlawful detention

A United Nations report said Tuesday that armed groups in Libya, including those affiliated with the State, hold thousands of people in prolonged arbitrary and unlawful detention, and submit them to torture and other human rights violations and abuses.

“Men, women and children across Libya are arbitrarily detained or unlawfully deprived of their liberty based on their tribal or family links and perceived political affiliations,” the report by the UN Human Rights Office says.

“Victims have little or no recourse to judicial remedy or reparations, while members of armed groups enjoy total impunity.” The report added.

The UN explained that Some 6,500 people were estimated to be held in official prisons overseen by the Judicial Police of the Ministry of Justice, as of October 2017.

„There are no available statistics for facilities nominally under the Ministries of Interior and Defense, nor for those run directly by armed groups.“ It added.

“These facilities are notorious for endemic torture and other human rights violations or abuses,” the report says.

The UN also indicated that the detention facility at Mitiga airbase in Tripoli holds an estimated 2,600 men, women and children, most without access to judicial authorities, while in Kwifiya prison, the largest detention facility in eastern Libya, some 1,800 people are believed to be held.

“This report lays bare not only the appalling abuses and violations experienced by Libyans deprived of their liberty, but the sheer horror and arbitrariness of such detentions, both for the victims and their families,” said UN High Commissioner for Human Rights Zeid Ra’ad Al Hussein.

“These violations and abuses need to stop – and those responsible for such crimes should be held fully to account.” He added.

According to the report, since renewed hostilities broke out in 2014, armed groups on all sides have rounded up suspected opponents, critics, activists, medical professionals, journalists and politicians, the report says, adding that hostage-taking for prisoner exchanges or ransom is also common.

“The widespread prolonged arbitrary and unlawful detention and endemic human rights abuses in custody in Libya require urgent action by the Libyan authorities, with support from the international community. Such action needs to provide redress to victims and their families, and to prevent the repetition of such crimes.“ The report elaborates.

It says that as a first step, the Libyan State and non-State actors that effectively control territory and exercise government-like functions must release those detained arbitrarily or otherwise unlawfully deprived of their liberty.

All those lawfully detained must be transferred to official prisons under effective and exclusive State control, it adds, calling on the authorities to publicly and unequivocally condemn torture, ill-treatment and summary executions of those detained, and ensure accountability for such crimes.

“Failure to act will not only inflict additional suffering on thousands of detainees and their families and lead to further loss of life. It will also be detrimental to any stabilization, peace-building and reconciliation efforts,” The UN report concludes.

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