Il Fatto Quotidiano | 08.04.2018
Mauro Armanino
Quello di Lamine per esempio. Passato dall’Accademia di calcio in Costa d’Avorio e poi in quella del Ghana si è poi scoperto a giocare a guardia e ladri coi gendarmi algerini. Lui, da centrocampista, si è trasformato in manovale nei cantieri della capitale. Lamine si nasconde alle forze dell’ordine che fanno collezione di migranti da deportare spostandosi al piano superiore del palazzo. Sarebbe in fuori gioco ma né l’arbitro né la moviola funzionano. Stanco di scappare e di vivere di paura come un topo torna nella sua natale Guinea.
Si smarca dopo un paio d’anni di controlli biometrici nella difesa delle biopolitiche dell’occidente. Lamine porta la maglietta numero 8 da quando era bambino. Il sogno si trova tutto nella borsa che porta con sé da Algeri. Si trova in mezzo ad abiti smessi da altri migranti partiti in Marocco, in Tunisia o Libia. A ognuno il suo sogno numerato. Quello di Lamine porta fortuna e alla domanda di cosa farà da grande risponde che farà il calciatore. Ha un buon destro e a diciannove anni spera di giocare in Europa, un giorno.