Quelle: AgoraVox
Strage immigrati a Lampedusa, 2 anni dopo: il film sui giorni della tragedia
3 OTTOBRE 2013 – 3 OTTOBRE 2015
Lampedusa, 2 anni dopo la strage dei migranti: un documentario racconta un’altra verità.
Il 3 ottobre del 2013, a mezzo miglio dalle coste di Lampedusa vicinissimo al porto, una barca naufragava con a bordo 540 persone circa, la maggior parte di nazionalità eritrea, provocando 366 morti accertati e circa 20 dispersi presunti. La retorica delle autorità e la memoria ufficiale della tragedia, poco discusse o contestate sui media mainstream, non è accettata da una parte degli abitanti di Lampedusa. Un film inchiesta ha raccolto le voci e le testimonianze di numerosi superstiti, soccorritori e isolani offrendo al pubblico una versione diversa di quanto accaduto.
Pochi giorni dopo la tragedia veniva votato in larga maggioranza al Parlamento Europeo „Eurosur“, un sistema di sorveglianza delle frontiere marittime e terrestri dell’Ue con uso di droni. In pochi mesi veniva lanciata la missione militare Mare Nostrum, alla quale avrebbero fatto seguito le missioni Triton e Mos Maiorum. Da quella data, le istituzioni ed i media con la RAI in testa, stanno cercando di occultare quello che è accaduto veramente in quei giorni costruendo una narrazione dei fatti che tende ad assolvere le forze preposte ai salvataggi e a screditare i soccorritori. Inoltre, come ogni anno, il 3 otobbre 2015 Lampedusa sarà teatro di una nuova commemorazione finanziata da istituzioni italiane ed europee e dalle forze militari italiane.
E‘ quanto spiega nel suo paragrafo introduttivo il comunicato del collettivo lampedusano Akavusa e dei gruppi sollidali che stanno promuovendo la proiezione e la diffusione in tutta Italia del documentario di controinformazione sui fatti di Lampedusa del 3 ottobre di due anni or sono: „Lampedusa, 3 ottobre 2013. I giorni della tragedia“.
:::::
siehe auch: Il Manifesto
Lampedusa sola con la memoria della strage del 3 ottobre
von Rachele Gonnelli
Solo a Lampedusa è rimasto il compito di mantenere viva la memoria di quella che è stata probabilmente la peggiore strage di migranti del Mediterraneo, le 368 vittime dell’isola dei Conigli, i corpi che come venivano raccolti nelle buste nere a decine, per giorni, le bare alineate nell’hangar come in uno scenario di guerra.
Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affidato a Lampedusa il suo discorso sulla tragedia del 3 ottobre, in particolare lo ha rivolto al sindaco delle Pelagie Giusi Nicolini che lo ha letto al termine della manifestazione di compiato e memoria alla Porta d’Europa, il monumento ad arco che ricorda le tante tragedie come quella del 3 ottobre 2013 che continuano a consumarsi nel tratto di mare davanti alla Sicilia. In duemila hanno partecipato alla manifestazione, sfilando per le strade del centro tra gli applausi dei lampedusani, con alla testa del corteo lo striscione: Proteggere le persone non i confini.
«Lampedusa può diventare il simbolo di una riscossa dell’Europa, dopo essere stata a lungo la frontiera della speranza e della solidarietà», scrive il capo dello Stato, sottolineando come la strage del 3 ottobre «è una ferita drammaticamente aperta, un simbolo di umanità tradita, un grido che ancora scuote il nostro Paese e l’Europa intera».
Ad ascoltare queste parole, anche una trentina tra sopravvissuti al naufragio del barcone e familiari delle vittime, arrivati da Svezia, Danimarca, Olanda. Ci sono anche i genitori di Ahmed, Abdel e Sabah, una coppia di siriani che poi ha trovato asilo in Norvegia. Sono venuti per compiangere il figlio e i suoi compagni di sventura e anche per chiedere un esame del dna sui resti dei corpi senza nome. Ahmed figura tra i dispersi di un altro naufragio, avvenuto una settimana più tardi sempre a largo di Lampedusa e i suoi genitori cercano ancora una traccia, un filo, una tomba, almeno, su cui piangerlo. La maggior parte dei corpi recuperati dalla strage del 3 ottobre sono sepolti nel cimitero di Agrigento.
Ma a Lampedusa, nella tre giorni che l’isola ha dedicato alla memoria della strage più grande, c’è stata, ieri sera, anche una veglia di preghiera interreligiosa, organizzata da padre Mussie Zerai. E poi laboratori per studenti, seminari, incontri, laboratori di artisti con la partecipazione di varie ong, da Amnesty a Save The Children e dall’Archivio Migranti al Centro Astalli.
Anche la presidente della Camera Laura Boldrini ha scritto un ricordo, sulla sua pagina Facebook rammentando come dopo quella tragedia, l’Italia abbia attivato l’operazione Mare nostrum, salvando decine di migliaia di vite grazie all’impegno della Marina militare, della Guardia costiera e degli altri corpi dello Stato, ma anche con il contributo della marineria e delle associazioni».
Già Mare Nostrum. Anche l’ex premier Enrico Letta ha inviato un messaggio a Giusi Nicolini nel quale ricorda quel gesto, si inginocchiò davanti alle bare, il senso di impotenza e poi l’attivazione dell’operazione Mare Nostrum. Quella missione, gestita dalla Marina italiana, dette a Lampedusa due anni di respiro, salvando in mare oltre 170 mila vite umane.
Ora che a Lampedusa la stessa costruzione in contrada Imbriacola è diventata, da una settimana, il primo hotspot aperto delle nuove regole europee, si continua a sentire la mancanza di Mare Nostrum. C’è Frontex che controlla l’hotspot, c’è Frontex in mare a salvare i naufraghi.
«Ma non è la stessa cosa — spiega Filippo Miraglia dell’Arci — perchè Mare Nostrum aveva strumentazioni, attrezzature e personale specializzato, sia per lla ricerca delle barche, con i droni, sia per il soccorso. La mission di Frontex rimane il contrasto dell’immigrazione clandestina, si muove in rescue solo su segnalazioni». Le due missioni alla fine costeranno più o meno la stessa cifra — tra gli 8 o i 9 milioni al mese — con la differenza che adesso questi soldi li paga l’Europa e non l’Italia da sola. Con la difefrenza, anche, che i morti in mare anche quest’anno — dice Miraglia — sono aumentati