Ventimiglia, iniziato lo sgombero della scogliera, i profughi resistono, tensione con gli agenti
Carabinieri e polizia hanno iniziato a far spostare da Ponte San Ludovico i profughi, mentre resta la gran parte alla stazione di Ventimiglia
di DONATELLA ALFONSO e GIUSEPPE FILETTO
Tanto che ieri mattina, una donna partita dal suo paese con i figli e il marito, ha pianto, si è disperata quando prima delle dieci ha ricevuto una telefonata dai ragazzi: sono già a Parigi. Lei, invece, è rimasta a dieci passi dal cordone della Gendarmerie, una sorta di “Muro di Berlino” umano, che la separa dalla Terra Promessa: Mentone.
Chi segue anche solo con lo sguardo le facce dei clandestini che passano e si fermano alla stazione di Ventimiglia, si accorge che tanti, arrivati tra venerdì, sabato e domenica, non ci sono più. Molti sono saliti sui treni per Cuneo e il Colle di Tenda, ed attraverso la linea che entra dentro il confine francese e poi torna in territorio italiano, sono scesi alle stazioni di Olivetta, Breil, Tende e Vievola. Sono già in Francia. Altri hanno provato e ci sono riusciti passando per Torino, dirigendosi a Lione. Altri ancora, nella notte, hanno provato con i treni per Nizza e Marsiglia. Prova e riprova, qualcuno è riuscito a passare senza essere intercettato alla stazioni di Mentone, Rocquebrune- Cap Martin . “Se stanno passando il confine, fanno bene – dice il sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano – se io sapessi quali sono gli altri valichi, li suggerirei”.
Gli “irriducibili”, quelli che non vogliono mollare, rimangono a Ponte San Ludovico. E se tenerli sugli scogli dei Balzi Rossi e chiudere il confine doveva servire ad allontanarli da Mentone, sicuramente le autorità francesi si sono sbagliate. Ieri, i migranti che premono per transitare in Francia e raggiungere il Nord Europa sono diventati almeno duecento in più oltre gli 80 già presenti.
Tutti giovanissimi, tra i 15 ed i 25 anni, hanno passato quattro giorni e cinque notti sotto il sole e la luna, ma anche sotto la tempesta d’acqua. Anche se ieri tanti di loro sono tornati a sdraiarsi sulle aiuole spartitraffico, hanno abbandonato la scogliera, quel posto ormai diventato il simbolo della loro protesta. “Ormai è una questione politica – spiega qualche funzionario della polizia di frontiera – non capiamo a chi serva tutto ciò, ma ci sembra un braccio di ferro inconcepibile”.
Altri duecento (ma la sera diventano molti di più) ormai vivono da cinque giorni alla stazione di Ventimiglia: quasi tutti donne e bambini, intere famiglie che da domenica sera sono sistemate lungo il corridoio che prima della caduta delle frontiere portava alla vecchia dogana. Da lì doveva passare chi voleva prendere un treno per la Francia. Qui, adesso, dormono in attesa che arrivi una buona notizia: la riapertura dei valichi .
Davanti alla stazione da due giorni funzionano i moduli con toilette e docce allestiti in sinergia tra Ministero dell’Interno (Protezione Civile), Ferrovie dello Stato e Comune di Ventimiglia. Ma all’interno del corridoio della vecchia dogana non sono stati attrezzati dei letti. Gli immigrati hanno passato la notte sui cartoni e sulle coperte. “Non vogliamo che diventi un campo profughi – ripete il sindaco – non vogliamo creare il richiamo per migliaia di immigrati che in questo momento si trovano nelle altre località di confine”. L’assistenza si limita alla fornitura di pasti caldi la sera, di bibite, panini, frutta e succhi durante il giorno. La stessa cosa fanno a Ponte San Ludovico i militi della Croce Rossa, i volontari della protezione civile, della Caritas e del Seminario Vescovile, i giovani dei Collettivi.
“La città vive la sua vita normale – ripete Ioculano – l’emergenza è concentrata alla stazione”. Gli abitanti rispondono con la solidarietà: portano cibi ed abbigliamento, coperte per la notte e sacchi a pelo. Il primo cittadino di Ventimiglia, il prefetto Silvana Tizzano, il questore Pasquale Zazzaro, i vertici dei vigili del fuoco imperiesi e di Trenitalia attendono notizie dal Brennero. “Ci dicono che l’Austria e la Germania dovrebbero riaprire i loro confini e speriamo che la situazione si sblocchi presto, perchè così non so fino a quando potremo resistere”. Soprattutto con l’assenza della Regione, che dice di non essere stata invitata. “Non è vero – ribatte il sindaco –. Eppoi, la Regione non deve essere invitata, ma dovrebbe essere parte attiva”.
Dalla Cote d’Azur, intanto, arrivano segnali di collaborazione. Si è mosso il sindaco di Nizza, Christian Estrosi, e si sono incontrati il prefetto di Imperia e il suo collega di Nizza. Aleggiano ipotesi di possibile accoglienza.