Il Fatto Quotidiano | 01.08.2017
di Maso Notarianni
Per comprendere (e condividere, se solo si ha un po’ di cultura marinara o un poco di sale in zucca) le ragioni per cui Medici senza frontiere non ha firmato il protocollo che il governo italiano ha proposto alle Ong, basta leggere la lettera che la stessa organizzazione ha scritto al ministro dell’Interno Marco Minniti.
Se quella non bastasse, il Washington Post – non la Pravda sovietica e nemmeno Papa Francesco – racconta in questi giorni le terribili situazioniin cui si trovano coinvolti i migranti (o anche solo gli stranieri) in Libia: nelle carceri e nei campi di concentramento gestiti dal governo violenze (spesso sessuali), soprusi, rapine, omicidi sono quotidianamente compiuti dalle guardie di questo o quel signore della guerra con i quali il nostro governo ha deciso di trattare e che ha deciso di finanziare lautamente.
“Le porte del centro di detenzione erano sbarrate. Chiusi dentro, centinaia di migranti, con almeno 20 persone stipate in una cella. Scheletrici e a piedi nudi, gli uomini guardavano attraverso la piccola apertura quadrata della porta di metallo, mentre la puzza di urina e l’odore dei corpi restava appeso nell’aria viziata. ‘Ho mangiato solo un pezzo di pane oggi’, ho sentito sussurrare un uomo algerino. ‘Ti prego, mi puoi aiutare?’”. “La Libia, il punto di partenza principale per i migranti che cercano di raggiungere l’Europa, è oggi la sede di un commercio fiorente di esseri umani. Incapaci di pagare le cifre esorbitanti dei trafficanti o raggirati dai trafficanti, i disperati della terra sono ridotti in schiavitù, torturati o costretti alla prostituzione”.
Questo è l’inizio di un reportage che racconta lo stato delle carceri ufficiali, quelle che il nostro governo andrà a mantenere e finanziare. Poi ci sono i campi di concentramento “unofficial”, gestiti da predoni e banditi vari, che sono ovviamente molto peggio di quelli che Washington Post racconta.
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