17. März 2018 · Kommentare deaktiviert für Das Urteil stand schon vorher fest: Ahmed H. bleibt für das ungarische Regime ein Terrorist · Kategorien: Balkanroute, Serbien, Ungarn · Tags:

Grundrechtekomitee | 15.03.2018

Ungarn behält seinen Terroristen. Am 14. März 2018 wurde in Szeged das Urteil gegen Ahmed H. aus dem voran gegangenen Prozess bestätigt. Der feine Unterschied: Statt zu zehn Jahren Haft wurde er nun zu sieben Jahren verurteilt.

Die Plädoyers von Staatsanwaltschaft und Verteidigung wurden vormittags gehalten, das Urteil folgte überraschenderweise bereits nach der Mittagspause. Das Urteil fällt in der Hochphase des Wahlkampfs für die Parlamentswahl am 8. April und einen Tag vor dem ungarischen Nationalfeiertag. Der Richter hatte sich offenbar entschieden, seine Karriere nicht aufs Spiel zu setzen, indem er in der Urteilsbegründung in großen Teilen der Anklage folgte. Seine zum Abschluss verlesene ausführliche Begründung berücksichtigte die Argumente von Ahmed H.’s Verteidiger nicht. Die geringere Strafe kam zustande, da Ahmed H. nachweislich die wütende Menge versucht hatte zu beruhigen und ein Ultimatum an die Polizei nicht belegt werden konnte.

Die Verteidigung hatte hervorgehoben, der syrische Mann habe seine Familie auf der Flucht über von der Türkei über die Balkanroute begleiten wollen und am Grenzübergang Röszke – wie viele andere auch – gehofft, das Grenztor zwischen Serbien und Ungarn würde nicht endgültig geschlossen bleiben. Emotionale Reaktionen Ahmed H.s und anderer Menschen waren der angespannten Situation am 16.9.2015 geschuldet, Ahmed selbst sei keinerlei Aggression gegen die Polizei nachzuweisen.

Der Staatsanwalt hatte im Gegenteil betont, sein Fokus liege ausschließlich auf dem „Terrorakt“. Der gesamte Kontext – also der Grund für die Anwesenheit Ahmed H.s und seiner Familie an der Grenze zähle nicht. Weder galt für ihn die Not, in der die Menschen am Grenzübergang Röszke nach langer Reise nun festsaßen, noch die zurückliegenden Strapazen ihrer Flucht nach Europa; weder die aufgeladene Situation an der Grenze, noch die Polizeigewalt gegenüber den Wartenden. Die Polizeibeamt*innen hatten seiner Ansicht nach in der gesamten Situation stets richtig gehandelt, diese zu provozieren, sei die eigentliche Absicht Ahmed H.s in Röszke gewesen. Sein Ziel, (illegal) Ungarn zu durchqueren, sei in allen seinen „Taten“ ablesbar gewesen.

Ahmed H.s Anwalt Peter Barandy machte in seinem Plädoyer zu Beginn deutlich, dass der Fall rein juristisch beurteilt werden müsse und Politik außen vor bleiben sollte. Seine Strategie ist nicht aufgegangen, wie das harte Urteil zeigt. Richtiger wäre gewesen zu benennen, was sich gestern in Szeged abspielte: Es handelt sich um einen politischen Schauprozess, in dem das Urteil bereits feststand, noch bevor die Plädoyers gesprochen worden waren.

Mit diesem Urteil behält Ungarn nun seinen Terroristen, der weiterhin für die rassistische Propaganda der Fidesz-Regierung eingesetzt wird. Derzeit steht ihre Wiederwahl am 8. April noch nicht fest. Ob eine andere Regierung die bisher in Ungarn geltenden Maßnahmen der Flüchtlingsabwehr – geschlossene Lager in der Transitzone für sämtliche Asylbewerber*innen, legale Pushbacks aus ganz Ungarn zurück nach Serbien, oder der zweifache Grenzzaun, geschützt von Frontex und speziellen „Grenzjägern“, – zurücknehmen wird, darf bezweifelt werden.

Britta Rabe, Szeged, 15.3.2018

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La Repubblica | 15.03.2018

Ungheria, sette anni di carcere al migrante che ha superato il confine: „Atti di terrorismo“

Nonostante abbia un passaporto Ue, Ahmed Hamed è stato condannato per aver oltrepassato la frontiera con la Serbia nel 2015. La sentenza parla di „terrorismo“ e Amnesty denuncia: „Decisione assurda“

di RAFFAELLA SCUDERI

I PRESUNTI „ATTI di terrorismo“ per cui un tribunale ungherese ha condannato a sette anni di reclusione Ahmed Hamad consisterebbero in un lancio di sassi contro la polizia che sparava acqua dai cannoni e gas lacrimogeni verso i migranti, e l’aver varcato „illegalmente“ il confine dalla Serbia, pur essendo in possesso di un passaporto europeo. L’uomo in questione è siriano-cipriota e la sentenza arriva dalla corte di Szeged, cittadina meridionale dell’Ungheria. I fatti risalgono al 16 settembre del 2015, un giorno dopo la chiusura della frontiera da parte del Governo di Viktor Orbán, quando centinaia di migranti forzarono l’apertura del cancello di frontiera scontrandosi con la polizia. Ahmed faceva parte del gruppo e parlava alla folla dall’altoparlante. La difesa ha sostenuto che lui non fece altro che tirare dei sassi e non ha alcuna affiliazione terroristica.

Quasi la metà del milione di migranti entrati nell’Unione europea nel 2015 ha attraversato l’Ungheria. Fidesz, il partito nazionalista di destra di Orbán, si è fortemente opposto alle quote Ue sui migranti attraverso il blocco, affermando che rappresentano una minaccia per i valori e la cultura occidentali. Il premier ungherese ha spesso usato il caso di Ahmed nelle sue campagne di propaganda anti-migranti definendolo „un terrorista“. Nel 2015 sia il Parlamento europeo che il Dipartimento di Stato degli Usa con Barack Obama espressero preocccupazione per l’arresto di Hamed.

La Corte di giustizia europea a settembre del 2017 ha rigettato il ricorso di Ungheria, Slovacchia, Céchia e Polonia sulle quote migranti, affermando che „ripartire il numero dei profughi tra i paesi della Ue è irrinunciabile“.

Condannato nel novembre del 2016 a 10 anni di carcere, venne assolto dalla corte d’appello che annullò la sentenza ordinando un nuovo processo, che si è concluso nella giornata di ieri. Ahmed è apparso in tribunale ammanettato e con i piedi incatenati, sorvegliato da diversi poliziotti col volto coperto dal passamontagna. A tutti gli effetti, un trattamento da vero terrorista quando in realtà, avendo un passaporto europeo, sarebbe potuto entrare in Ungheria senza visto. Si presentò invece ai cancelli per aiutare i suoi parenti e altri cittadini siriani.

„Non siamo andati al confine per causare problemi – ha dichiarato – Non la mia cultura e neanche la mia religione lo incoraggerebbe“. Tra le circostanze attenuanti approvate dalla corte: la mancanza di precedenti penali, il suo dovere di sostenere le sue due giovani figlie e l’inferno che ha sofferto. Amnesty International ha condannato la sentenza affermando che „il verdetto di oggi riflette la pericolosa sintesi delle radicali leggi anti-terrorismo ungheresi e la spietata repressione di Budapest nei confronti di rifugiati e migranti. La condanna di Ahmed dovrebbe essere annullata in appello e lui rilasciato senza indugio“.

E‘ proprio nello stesso anno, l’8 settembre, che al confine tra Serbia e Ungheria, dopo che alcuni migranti frustrati per la mancanza di assistenza da parte del governo ungherese, tentarono la fuga dal campo di Roszke. In quella circostanza Petra Laslzo, reporter ungherese di N1TV, sgambettò un padre in fuga con in braccio un bambino. Il video fece il giro del mondo e Petra fu licenziata. La sua condanna arrivò dalla stessa corte della cittadina di Szeged che ora manda in galera Ahmed.

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