25. Januar 2018 · Kommentare deaktiviert für Inferno in Libia, «oggi vi ammazziamo tutti»: i migranti torturati e i video per chiedere il riscatto · Kategorien: Libyen, Video · Tags:

Neue Bilder über die Folter an Migranten in Libyen. Die Videoaufzeichnung benutzen die Folterer, um von Familienangehörigen Lösegeld zu erpressen.

Corriere della Sera | 25.01.2018

Plastica fusa sulla schiena, frustate su tutto il corpo: tutto ripreso con i cellulari e poi inviato ai parenti delle vittime. Il governo libico: «Catturati gli aguzzini autori delle torture»

di Lorenzo Cremonesi

Torture in diretta. Nella scena iniziale per una ventina di secondi gli aguzzini fanno cadere plastica fusa e ancora in fiamme sulla schiena, le braccia e le gambe di un giovane di colore che piange e si dibatte. Il sistema è primitivo. Danno fuoco a un tubo di plastica che s’incendia subito. La vittima è stesa a terra sullo stomaco, implora pietà. Dall’accento pare sudanese. «Zitto! Zitto! Zitto!», gli urla la voce di un uomo fuori campo. Un altro dei persecutori con l’uniforme gli punta il mitra. «Alza la testa», gli ordinano. E lui piangendo contorce il corpo magro e nervoso, solleva il collo, obbedisce divincolandosi, l’obbiettivo gli riprende il viso contornato da riccioli scuri nella smorfia di dolore e paura. Ma non può fare altro che subire.

L’obbiettivo indugia perché sia ben chiara la sua identità. Pare si chiami Sadiq Abakar Ahmed e venga da Kutum, nel Darfur, nel Sudan occidentale, terra di migranti e ovviamente bande di trafficanti di uomini.

Poi la scena si sposta. Sembra avvenga tutto nella stessa capanna misera. Ci sono altri otto giovani, tutti pare rispondano con l’accento sudanese. Alcuni indossano slip o pantaloni sgualciti. Ma le schiene sono nude. Questa volta li frustano. Ancora ordini duri: «La tua faccia…la testa in alto…la tua faccia». Qui le guardie indossano maschere. «Oggi sarete morti», dice una voce. «Sdraiati sulla pancia, dai», minacciano. E ancora: «Colpisci questo cane….come ti chiami tu?». Risponde: «Marwi». E allora: «Colpiscilo, colpiscilo». Si odono le scudisciate secche sulle spalle brunite.

«Pagate, per favore pagate. Avete trasferito i soldi?», implorano le vittime con voce rotta dal dolore. Il fine è ovvio. Occorre che le famiglie a casa paghino. Se non verranno versati per ognuno 120.000 sterline sudanesi, pari a circa 14.000 euro, la tortura continuerà, forse sino alla morte.

Del resto chi può controllare? Quanti sono svaniti nel nulla? Il video doveva servire alla banda di trafficanti libici, forse di Sirte, per fare pressione. Un sistema ben collaudato ormai. Ma questa volta è finito sulle chat locali ed è diventato virale. Secondo i media di Tripoli e Misurata, erano molti a credere che fosse un falso. Eppure i dettagli erano precisi. Così nelle ultime ore sono intervenute le squadre della Rada, la milizia più importante al servizio del governo di unità nazionale a Tripoli. E mercoledì in serata i suoi dirigenti hanno postato a loro volta le foto dei quattro aguzzini appena catturati diffondendo nomi e cognomi.
Banditi ben organizzati, oppure balordi alle prime armi? La cosa va ancora chiarita. Ma foto e filmati tornano a denunciare platealmente gli orrori subiti in Libia dalle centinaia di migliaia di migranti in arrivo dall’Africa sub-sahariana con la speranza di giungere illegalmente in Europa.

«Terribile, ma vero. Sappiamo bene che i migranti vengono spesso rapiti e ricattati. E ciò avviene non nei campi di raccolta ufficiali organizzati dalle autorità libiche lungo la costa, ma piuttosto in quelli segreti delle milizie. Nella sola zona di Bani Walid ci sono almeno otto campi illegali, dove i ricatti di questo tipo sono all’ordine del giorno», ci raccontava in settembre il sindaco della stessa Bani Walid, la città in pieno deserto circa cento chilometri a sud della capitale che è uno dei maggiori centri di raccolta e smistamento per le colonne di migranti in viaggio dal deserto prima di raggiungere la costa. E’ la fotografia di un Paese che resta lacerato da violenze e ingiustizie senza fine.

E la situazione sembra peggiorare. Dopo i combattimenti tra milizie che una settimana fa hanno bloccato l’aeroporto di Tripoli, le tensioni sono adesso concentrate su Bengasi, dove due auto-bomba martedì sera hanno causato almeno 35 morti. Tra loro alcuni tra i massimi dirigenti militari agli ordini del generale Khalifa Haftar. La risposta non si è fatta attendere. Mercoledì ancora da Bengasi sono state diffuse le immagini di Mohmoud Warfalli, noto ufficiale delle forze di Haftar, che uccide a colpi di fucile una decina di prigionieri jihadisti in ginocchio. Già lo scorso agosto il Tribunale Internazionale dell’Aia aveva richiesto il suo arresto per un’altra esecuzione di massa.

 

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