09. September 2016 · Kommentare deaktiviert für „Migranti, sui camion per Calais in attesa del muro inglese“ · Kategorien: Frankreich, Großbritannien · Tags:

Quelle: La Repubblica

In viaggio con un autista „di frontiera“. „Vivo nel terorre, i profughi saltano in tutti i modi sui nostri mezzi per raggiungere il Regno Unito“

dalla nostra inviata ANAIS GINORI

CALAIS – „Fin qui tutto bene“. Julien guarda il contachilometri, ne mancano meno di due al traguardo. Rallenta, controlla lo specchietto retrovisore. „Spesso i migranti passano da dietro“. Sul rettilineo, il traffico scorre. Potrebbe sembrare un’autostrada come le altre, se non fosse per le recinzioni con filo spinato intorno. All’improvviso, Julien vede davanti a sé una colonna immobile di tir. Un gruppo di profughi ha bruciato due bidoni piazzati in mezzo alla carreggiata. Sono le 11 di mattina. „Prima invadevano l’autostrada solo di notte, ora non temono più nulla“ commenta l’autista, 29 anni, dipendente dell’impresa di trasporto internazionale Deroo. Julien Wysoscki fa il camionista dal 2006, ma sta pensando di smettere. „Ogni volta che mi siedo al volante, ho paura“ confessa mentre si sentono i botti dei lacrimogeni. La polizia disperde i migranti dalla strada, si vedono correre nei campi, verso la Giungla, la gigantesca baraccopoli a poche centinaia di metri. Da qualche settimana tra i profughi si è sparsa la voce dell’imminente evacuazione ordinata dal governo, e molti fanno gesti sempre più disperati.

L’A16 che collega Calais alla zona portuale è diventata una sorta di canyon in cui si svolge quotidianamente un assalto alla diligenza. Piccoli gruppi di profughi bloccano la circolazione mettendo tronchi d’alberi sradicati sulla carreggiata, lanciando sassi, accendendo falò. Tentano così di introdursi dentro al vano merci degli autocarri in direzione del Regno Unito. Julien rimane fermo nell’abitacolo. Prega che nessuno si avvicini al suo camion: un telonato, il più facile da attaccare. „A loro basta tagliare la tela, e nascondersi tra la merce“. Di solito sono accompagnati da qualche trafficante. „Lo riconosci dal fatto che ha il volto coperto, ed è l’unico che non sale a bordo. Spesso portano anche di che ricucire la tela“. Quando sono tir furgonati, più difficili da aprire, si infilano tra cabina e vano merci, o addirittura si aggrappano da sotto alle assi del telaio.

Dall’inizio dell’anno sono morti 11 migranti a Calais, otto investiti sulla strada o caduti dai camion. Molti autisti assistono impotenti a queste scene. „Per la nostra sicurezza, è vietato uscire dall’abitacolo“. La settimana scorsa Julien ha tentato di fare retromarcia. Uno dei suoi „passeggeri“ l’ha minacciato con un bastone, rompendo un finestrino del suo Volvo. „Voleva che proseguissi verso il porto“. Una volta arrivato alla polizia di frontiera l’autista ha segnalato la presenza di migranti a bordo. Erano saliti in sei nel suo autocarro. La ditta per la quale lavora trasporta imballaggi per alimenti. „La mercanzia era da buttare – racconta – avevano distrutto tutto“.

I controlli nella zona portuale fanno spavento. Julien deve passare sotto a giganteschi scanner che frugano nella pancia del suo tir. Spesso c’è anche la bonifica con rivelatori di battito cardiaco e Co2. „Neanche così puoi stare tranquillo“ spiega l’autista. Un collega di Julien aveva chiesto l’intervento degli agenti per far scendere i migranti saliti sul tratto dell’A16. Il camion era stato ispezionato nel porto, otto persone tirate fuori dagli agenti. Ma a Dover le autorità britanniche hanno scoperto altri tre intrusi. Erano riusciti a eludere i controlli supertecnologici di Calais. „Il mio collega ha avuto una multa di 2800 euro, anche se non aveva nessuna colpa“. Forse però qualche camionista si fa pagare dai trafficanti per caricare illegalmente migranti? „Non è escluso, ma sono piuttosto quelli che vengono dall’Est“ risponde Julien. „Per i francesi i rischi sono troppo alti, si può finire in prigione“.

Cinque giorni fa, Julien era a manifestare insieme alla federazione regionale degli autotrasportatori che ha bloccato l’A16 per denunciare l’insicurezza. Sul cruscotto l’autista ha una bandiera della Francia. „Ma qui sembra che non esistano più lo Stato, la legge“ osserva. Il governo di Londra ha annunciato che finanzierà una nuova recinzione lunga due chilometri e alta quattro metri lungo la A16. „La costruzione di nuovi muri non farà altro che spostare il problema“ commenta Julien. Molte ditte di autotrasporto vietano ai propri autisti di fermarsi a dormire in piazzole nella regione e in tutto il tratto autostradale che va da Parigi a Calais. Il rischio di intrusioni nei tir si è ormai esteso a un perimetro sempre più largo. „Conosco persino colleghi che hanno avuto problemi venendo dalla Spagna o dall’Italia“.

Julien è nato a Saint-Omer, a una quarantina di chilometri da Calais. La sua terra è diventata tristemente famosa per la Giungla, ma cerca di rimanere lucido. „Li capisco“ dice riferendosi ai migranti. „Spesso hanno fatto viaggi lunghissimi, non vogliono arrendersi a qualche passo dalla meta“ osserva l’autista. Suo padre, 59 anni, continua a fare l’autotrasportatore ma è molto meno paziente. „Se gli toccano il camion reagisce, diventa pazzo – racconta – Temo che possa trovarsi in qualche brutta situazione“. Ogni settimana Julien fa tre viaggi per l’Inghilterra. Stipendio: 1700 euro al mese. „Stai fuori tutta la settimana, guidi anche per quindici ore al giorno. Ma io ho la passione“. Poi si corregge: „L’avevo. Ora vorrei cambiare, ma non saprei che altro lavoro fare“. Ieri sera ha dormito a Manchester, davanti a una zona industriale, in attesa di caricare all’alba la nuova merce. Nella cabina ha un letto reclinabile, un frigorifero, un fornello con cui cucinarsi qualcosa. Le condizioni di lavoro sono migliorate rispetto a qualche decennio fa. Si viaggia con il Gps, il telefono in vivavoce, la televisione accesa. „È sempre un mestiere duro, ma hai più comodità“ riassume Julien. Sua moglie vuole essere chiamata appena ha superato la zona del porto. „Anche lei è in ansia per me“. Julien è cresciuto dentro a un camion. Suo padre lavorava sul trasporto verso

l’Italia e da piccolo lo portava con sé. „Mi ricordo di Milano perché c’era un ristorantino dove andavamo sempre“. Julien sa che non potrà fare la stessa cosa con suo figlio, almeno fino a quando avrà l’impressione di lavorare in un brutto Western.

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