28. Juni 2015 · Kommentare deaktiviert für Troika und Griechenland: „Brüsseler Kriegserklärung“ – D. Deliolanes · Kategorien: Europa, Griechenland

In Deutschland sind nur mit größtem Aufwand faktenbezogene Informationen zu den Sitzungen und Texten der Brüsseler Eskalationsstrategie seit letztem Dienstag zu finden. Dabei wurden die entsprechenden Dokumente des IWF und insgesamt der Troika, mit ihren Korrekturen, Vorgaben und Ultimaten, zeitnah der Presse zugespielt und sind im Internet nachzulesen. Der heutige Leitartikel der Tageszeitung Il Manifesto widmet sich u.a. der faktenbezogenen Rekonstruktion der „Brüsseler Kriegserklärung“ der letzten Tage.

Quelle: Il Manifesto

Bruxelles dichiara guerra

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L’Eurogruppo ha dichia­rato guerra alla Gre­cia. Ieri il suo pre­si­dente è apparso alla fine della riu­nione e poco ci è man­cato che sbat­tesse i pugni sul tavolo. La deci­sione della Gre­cia di indire un refe­ren­dum, ha detto, equi­vale all’interruzione uni­la­te­rale del nego­ziato. Quindi l’Unione Euro­pea se ne lava le mani di tutto quello che può suc­ce­dere. La richie­sta di Varou­fa­kis di pro­trarre di qual­che set­ti­mana il memo­ran­dum del 2012, che scade mar­tedì, è stata respinta.

Quindi uffi­cial­mente la Gre­cia ha smesso di fare parte dei paesi sotto pro­gramma di aggiu­sta­mento da parte della tro­jka. Se ce ne sarà un altro dopo il refe­ren­dum non è sicuro, per­ché Dijs­sel­bloem è molto arrab­biato e non «c’è fidu­cia» verso la Grecia.

Prima della riu­nione, il ric­cio­luto agro­nomo olan­dese aveva ten­tato di nascon­dere la mano dopo aver lan­ciato il sasso: il testo scan­da­loso pre­sen­tato dal Fmi mar­tedì scorso «non era un ulti­ma­tum» e «c’era spa­zio per miglio­ra­menti». Pec­cato che appena il giorno prima egli stesso, e il suo datore di lavoro Schau­ble, ave­vano testual­mente detto che era pro­prio un ulti­ma­tum e che i greci dove­vano accet­tarlo o respin­gerlo. Par­lando di fidu­cia e di credibilità.

All’ultimatum Tsi­pras ha ripo­sto con il refe­ren­dum, rite­nuto, lo ave­vamo detto da tempo, una carta potente e una risorsa di mobi­li­ta­zione popolare.

Mal­grado i grandi sforzi dei media euro­pei, la domanda non sarà euro o dracma. Riguar­derà invece pro­prio l’ipotesi di accordo pre­sen­tata in maniera ulti­ma­tiva dalla tro­jka. Tsi­pras è arri­vato alla deci­sione di indire il refe­ren­dum dopo aver con­sta­tato di non avere più alcuno spa­zio di manovra.

Il mas­simo di con­ces­sioni era stato già rag­giunto nel testo di Atene appro­vato in linea di mas­sima lunedì e poi a sor­presa disco­no­sciuto dalla troika. Da lì il fon­dato sospetto che da parte dei cre­di­tori non c’era alcuna volontà di com­pro­messo ma solo una guerra di logo­ra­mento per favo­rire un cam­bia­mento politico.

Anche se in que­ste ore i media pro– auste­rità cer­cano di fare con­fu­sione, soste­nendo che la pro­po­sta del Fmi non è più valida, quindi il refe­ren­dum sarebbe senza oggetto, l’oggetto c’è, eccome: gli elet­tori greci sono chia­mati a deci­dere se il loro desi­de­rio di rima­nere all’interno dell’eurozona è supe­riore alla loro rab­bia e dispe­ra­zione per la poli­tica cri­mi­nale che la tro­jka vuole con­ti­nuare ad appli­care in Grecia.

Si tratta di deci­dere se si vuole essere un paese mem­bro di pari dignità in un’Unione di popoli liberi oppure un paese per sem­pre satel­lite, una colo­nia tede­sca, al livello dei Baltici.

Al suo pro­clama tele­vi­sivo Tsi­pras non ha par­lato di soldi ma di «ricatto inac­cet­ta­bile». Ieri in Par­la­mento ha ripe­tuto che la posta in gioco è la dignità, l’orgoglio e la libertà del paese. Anche il suo alleato al governo, il mini­stro della Difesa Kam­me­nos, con le lacrime agli occhi, ha insi­stito sull’importanza delle isole dell’Egeo, che la tro­jka vuole «svuo­tare» e «distruggere».

La con­vin­zione è che l’atteggiamento dell’Europa non lascia spa­zio a equi­voci: il governo di sini­stra greco si deve sot­to­met­tere e umi­liare, per­ché den­tro l’eurozona non c’è posto per chi non accetta i dogmi neoliberisti.

Quale sarà il responso delle urne? È molto pro­ba­bile che vinca il «no» all’austerità. Anche se le Tv oli­gar­chi­che hanno già comin­ciato a spar­gere il ter­rore, chia­mando i greci a riti­rare i pro­pri soldi dalle ban­che, se uno giu­dica dall’atteggiamento dell’opposizione greca capi­sce che è in preda al panico.

Girare per le Tv soste­nendo che biso­gna tagliare le pen­sioni e aumen­tare l’IVA al 23% per i ser­vizi turi­stici non è certo pia­ce­vole. Dopo grandi sforzi, alla fine la destra e il par­tito degli oli­gar­chi To Potami hanno deciso per il sì, men­tre i socia­li­sti del Pasok, in sprezzo del ridi­colo, hanno anche chie­sto le dimis­sioni del governo.

Il loro ragio­na­mento è esat­ta­mente quello dei cre­di­tori: dire no all’austerità equi­vale a uscita dall’eurozona. Al governo invece sono con­vinti che la vit­to­ria del «no» aiu­terà a pie­gare le grandi resi­stenze dei cre­di­tori. Un pro­nun­cia­mento diretto dif­fi­cile da igno­rare per­fino per l’eurozona.

Cosa suc­ce­derà nel caso vinca il sì? Tsi­pras ha assi­cu­rato che «rispet­terà qual­siasi responso delle urne» ma Varou­fa­kis è andato più in là, ipo­tiz­zando un rim­pa­sto gover­na­tivo, pro­ba­bil­mente inclu­dendo To Potami, ama­tis­simo a Bru­xel­les ma con­fi­nato dagli elet­tori a un misero 6%. Ad Atene però sono tutti con­vinti che né Tsi­pras né gli altri mini­stri di Syriza saranno dispo­sti a ese­guire una poli­tica che non è la loro.

Intanto biso­gna affron­tare la crisi di liqui­dità delle ban­che, pro­ba­bil­mente senza il soste­gno di Dra­ghi, men­tre il governo non ha alcuna inten­zione di pagare i debiti né di giu­gno né di luglio. Nelle capi­tali euro­pee si pensa a come evi­tare le con­se­guenze dello scon­tro tra Atene e la tro­jka. Ma sono pie illusioni.

L’ignavia e la viltà di molti di loro hanno lasciato mano libera agli estre­mi­sti libe­ri­sti, sabo­tando ogni ipo­tesi di com­pro­messo. Se alla fine ci sarà l’esplosione dell’eurozona nes­suno sarà al riparo. Forse non è troppo tardi per far sen­tire la loro voce.

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