27. November 2014 · Kommentare deaktiviert für Griechenland: Deutsche Polizisten misshandeln Syrer bei Refoulement · Kategorien: Deutschland, Griechenland, Türkei · Tags: , ,

tiscali.it

Über die Hälfte der syrischen Bevölkerung befindet sich auf der Flucht. An den See- und Landgrenzen von Griechenland spitzt sich die Situation zu. Syrische Flüchtlinge berichten, dass sie von deutschen Polizisten bei der illegalen Rückschiebung von der griechischen auf die türkische Seite misshandelt wurden. Frontex?! Zugleich passiert etwas Unerhörtes in Kreta: „Gestern abend hat es ein historisches Ereignis in der Geschichte der Menschenrechte gegeben. Eines solcher Ereignisse, an die man sich auch später erinnern wird, wie das Handeln von Rosa Parks, die amerikanische Schwarze, die sich weigerte, den Apartheidsvorgaben in den öffentlichen Verkehrsmitteln in Alabama Folge zu leisten […] Eine Gruppe von 700 [syrischen] Flüchtlingen, die gerade noch ihr Leben auf einem alten treibenden Frachter aufs Spiel gesetzt sahen – eine Gruppe mit ganzen Familien mit Kindern, auch mit Babys – hat, als sie einen sicheren Hafen in Griechenland (in Kreta) erreicht haben, sich geweigert an Land zu gehen.

‚Wir wollen nicht nur selber in Sicherheit gelangen – haben sie im Wesentlichen gesagt – , sondern wollen, dass alle sich über humanitäre Korridore retten können. Niemand dürfte sein eigenes Leben aufs Spiel setzen, um ein Recht zuerkannt zu bekommen, das politische Asyl, das in allen internationalen Konventionen und in den Grundprinzipien der europäischen Verfassung verankert ist.‘ […] Wir wollen unsere Zukunft aufbauen!‘ ist auf einem der Spruchbänder zu lesen, das auf dem Frachter befestigt ist. In Athen auf dem Platz Syntagma haben die DemonstrantInnen in einem Appell geschrieben: ‚Wir sind dem Tod auf dem Meer entronnen. Wir wollen in Europa in Würde leben!’“

Das ist ein klares politisches Signal auch in Richtung der syrischen Hungerstreikenden im Zentrum von Athen, die eine menschenwürdige Behandlung und ein Asyl in der EU verlangen – also die Abschaffung der Dublin-Regelung.

Zeitgleich wird bekannt, dass gestern eine Gruppe von 50 syrischen Flüchtlingen am griechisch-türkischen Grenzfluss Evros auf die türkische Seite zurückgeschoben wurde. Sie wurden von der türkischen Polizei festgenommen und in ein Aufnahmezentrum gebracht. Diese syrischen Flüchtlinge berichten, dass sie auf der griechischen Seite misshandelt wurden, und zwar von Polizisten, die deutsch sprachen! Frontex machts möglich.


La rivolta dei naufraghi siriani: „Non sbarchiamo se l’Europa non apre i corridoi umanitari“

di G.M.B.

Ieri notte si è verificato un evento storico per la storia della difesa dei diritti umani. Uno di quegli eventi che forse un giorno saranno ricordati come oggi ancora si ricorda il gesto di Rosa Parks, la nera americana che si rifiutò di obbedire all’apartheid nei mezzi pubblici in Alabama e diede il via a quel processo di integrazione che, cinquant’anni dopo, avrebbe portato all’elezione di Barack Obama.

E‘ successo che un gruppo di 700 migranti che fino a poche prima avevano rischiato la pelle su un vecchio mercantile alla deriva – un gruppo dove ci sono intere famiglie con bambini anche piccolissimi – una volta raggiunto un porto sicuro della Grecia (quello di Creta) si è rifiutato di scendere sulla terra ferma. “Non vogliamo solo la nostra salvezza – hanno detto in sostanza – ma vogliamo che tutti possano salvarsi attraverso i corridoi umanitari E che nessuno debba più rischiare la pelle per vedere riconosciuto un diritto, quello all’asilo politico, che è sancito da tutte le convenzioni internazionali e dai principi fondamentali della Costituzione europea”.
“Un gesto straordinario – commenta Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto d’asilo dell’università di Palermo – che chiama direttamente in causa la coscienza dell’Europa”. Un “gesto politico” in senso puro che sembra parlare (e sarà interessante verificare se esiste una connessione anche operativa) ai manifestanti siriani che da sabato stanno attuando uno sciopero della fame in piazza Syntagma, nel centro di Atene, esattamente per lo stesso obiettivo: il pieno riconoscimento del diritto d’asilo. Che significa non solo realizzare i corridoi umanitari, ma anche superare le regole a volte feroci del Regolamento di Dublino, la normativa europea che impone ai migranti di presentare domanda d’asilo nel primo Stato europeo dove mettono piede. Col risultato che chi sbarca in Grecia (o in Italia) non può raggiungere i parenti che vivono in Germania o in Svezia.

“Noi vogliamo costruire il nostro futuro”, si legge sullo striscione sistemato sul ponte del vecchio mercantile dai migranti approdati a Creta. “Siamo sfuggiti alla morte in mare. Vogliamo vivere in Europa dignitosamente“, hanno scritto in un appello i manifestanti di Piazza Syntagma. Messaggi sostanzialmente identici che sottintendono, commenta Vassallo Paleologo, “una pressante domanda d’ascolto”.

Non è un caso che venga dai profughi siriani. Cioè da persone fuggite da uno Stato di 23 milioni di abitanti che ha prodotto in pochi anni tre milioni di profughi. E‘ un intero pezzo di una nazione – con tutte le sue classi sociali – a fuggire verso l’Occidente. Professionisti e operai, artigiani e commercianti. Gente che prima della guerra civile conduceva esistenze normali e ordinate: il lavoro, la scuola, i figli. Gente che ci somiglia molto. E che vive non solo il dolore per le privazioni materiali, ma anche la rabbia per la violazione di principi dei quali ha una precisa nozione e consapevolezza.

L’aggravarsi della situzione politica nel Nord Africa, e i rischi mortali che si corrono a tentare di raggiungere l’Europa partendo dai porti libici, ha spostato il flusso dei siriani direttamente sui confini terrestri dell’Europa orientale, e in particolare sulla Grecia, creando un casuale ma significativo parallelismo tra l’emergenza economica e quella umanitaria. La Grecia, area fragile della Ue, si è ritrovata così a essere il luogo dove si sperimenta la coerenza dei principi fondativi dell’Unione.
I segnali che arrivano non sono incoraggianti. Lunedì, proprio mentre il mercantile con i 700 profughi era in balia delle onde dell’Egeo, un gruppo di altri cinquanta siriani è stato respinto da una sponda all’altra del fiume Evros, il confine naturale che corre per 160 chilometri tra Grecia e Turchia. Alla fine sono stati fermati dalla polizia turca e trasferiti in un centro di accoglienza.

Questa vicenda ha tenuto impegnate per tutta la giornata di ieri le associazioni umanitarie, soprattutto per un aspetto particolare: i migranti hanno raccontato di essere stati malmenati, in Grecia, da agenti di polizia che parlavano tedesco! Circostanza apparentemente incredibile e anche un po‘ surreale, che ha però una spiegazione semplice: l’operazione di respingimento con tutta probabilità è stata messa in atto da personale di Frontex, la polizia europea per il controllo delle frontiere.

Un sospetto che ha riportato alla memoria altre segnalazioni di interventi lungo il confine greco-turco. Se ne è avuta conoscenza nel 2011 con la pubblicazione del rapporto „The EU’s Dirty Hands: Frontex Involvement in Ill-Treatment of Migrant Detainees in Greece“ dell’agenzia governativa Human Rights Watch che segnalava le condizioni degradanti dei centri di detenzione della Grecia – già condannati dalla Corte di Strasburgo – e denunciava il fatto che le forze di Frontex avevano favorito in vari modi il trasferimento dei migranti in quei centri di detenzione. Ecco perché le “dirty hands”, le mani sporche, dell’Europa.

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