19. Dezember 2013 · Kommentare deaktiviert für KZ auf Lampedusa: Business, von „Kooperative“ geführt – il manifesto · Kategorien: Italien · Tags:

Nel lager di Lampedusa essere infami è il “protocollo”

© Stefano Liberti

Per­fino i media main­stream oggi evo­cano i lager per defi­nire il trat­ta­mento inflitto ai pro­fu­ghi segre­gati a Lam­pe­dusa. In effetti, le imma­gini del ser­vi­zio di Vale­rio Cataldi per il Tg2 ricor­dano – anche nell’estetica, se così si può dire — le code degli inter­nati nei campi di con­cen­tra­mento: la totale sper­so­na­liz­za­zione, l’umiliazione della nudità, l’esposizione al freddo, per­fino la pre­senza di un omone che dirige l’operazione con la bru­ta­lità di un kapò… Eppure, sin da quando, nel 1998, usammo l’analogia dei lager per defi­nire i Cpt da ogni parte si obiettò – fino a ieri– che l’analogia era impro­pria, iper­bo­lica, infondata.

Oggi, dopo quin­dici anni di morti miste­riose, sui­cidi, rivolte, mal­trat­ta­menti, bru­ta­lità, vio­la­zione dei diritti umani più ele­men­tari, qual­cuno ammette ciò che abbiamo sem­pre soste­nuto: pur con la dif­fe­renza di fina­lità — la deten­zione e l’internamento ammi­ni­stra­tivi — le strut­ture inau­gu­rate dalla legge Turco-Napolitano con il nome di Cpt, sotto le loro nume­rose fat­ti­spe­cie, hanno lo sta­tus pro­prio dei lager nazi­sti. Ecce­zio­nal­mente e per­ma­nen­te­mente, essi, infatti, sospen­dono, per spe­ciali cate­go­rie di per­sone, i diritti umani e i prin­cipi gene­rali del diritto e della Costituzione.

Quello di Lam­pe­dusa, certo, non è uffi­cial­mente un Cie: ne è «solo» una delle tante meta­mor­fosi sotto nome ingan­ne­vole. Ancor più depre­ca­bile per­ché vi sono inter­nate per­sone per­lo­più in attesa di asilo o comun­que di pro­te­zione, in ogni caso tutte soprav­vis­sute a per­se­cu­zioni, traumi, sof­fe­renze e al rischio mor­tale della tra­ver­sata del Medi­ter­ra­neo.

Per­sone, quindi, meri­te­voli del mas­simo rispetto. E invece no: per lo stato ita­liano e per Lam­pe­dusa Acco­glienza, l’ente gestore del Cpta, è nor­male che esse siano trat­tate al pari di mole­sti accat­toni, pri­vate del com­fort più basi­lare, costrette a dor­mire e a man­giare per terra.

Eppure l’ente gestore – ricon­du­ci­bile a Sisifo, con­sor­zio ade­rente alla Lega delle Coo­pe­ra­tive – nel solo 2012 ha incas­sato dallo stato ita­liano la bel­lezza di 3 milioni 116mila euro e tut­tora con­ti­nua a incas­sare somme cal­co­la­bili intorno ai 21mila euro al giorno, come ha docu­men­tato, tra gli altri, Fabri­zio Gatti.

Un busi­ness non da poco, che rende ancor più bieca que­sta vicenda ver­go­gnosa, il cui senso è resti­tuito alla per­fe­zione dalla replica dell’ente gestore: «Abbiamo seguito il pro­to­collo», frase che incon­sa­pe­vol­mente rac­chiude ciò che Han­nah Arendt definì la bana­lità del male.

Al con­tra­rio di ciò che ha affer­mato la mini­stra Cécile Kyenge, noi pen­siamo che pur­troppo quelle imma­gini siano degne di rap­pre­sen­tare l’Italia: nel senso che sono per­fet­ta­mente coe­renti con l’ideologia che ha ispi­rato la sua poli­tica nei con­fronti dei migranti e dei rifu­giati.

Certo quel video, pos­si­bile solo gra­zie alle imma­gini cat­tu­rate da Kahlid, gio­vane siriano inter­nato nel Cpta, ha otte­nuto qual­che effetto di rilievo: l’apertura di un fasci­colo da parte della pro­cura della Repub­blica di Agri­gento, le minacce della com­mis­sa­ria euro­pea Malm­strom di sospen­dere ogni aiuto all’Italia, alcune dichia­ra­zioni indi­gnate di rap­pre­sen­tanti delle isti­tu­zioni, la deci­sione, da parte di Sisifo, «di rimuo­vere e rin­no­vare il mana­ge­ment attuale».

Ma anche que­sta vicenda inde­gna potrebbe essere pre­sto dimen­ti­cata, non appena si saranno spenti i riflet­tori dei media. Così come ormai archi­viati sono la com­mo­zione e il «mai più» seguiti all’ecatombe di otto­bre nel Canale di Sici­lia: 648 vit­time in appena otto giorni.

Per­ciò spe­riamo che si mol­ti­pli­chino le ini­zia­tive da parte della società civile anti­raz­zi­sta a soste­gno del Comune di Lam­pe­dusa, della sua popo­la­zione, soprat­tutto dei pro­fu­ghi segre­gati nel lager. E che si rie­sca a garan­tire la pro­te­zione da ritor­sioni a quelli fra loro che dall’interno ne denun­ciano le infa­mie, mostrando così ben più corag­gio civile di tanti cit­ta­dini e poli­tici italiani.

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