Quelle: Il Fatto Quotidiano | 07.01.2017
L’Italia può vantare accordi di riammissione con Marocco, Algeria, Egitto e Tunisia. Ma da questi 4 Paesi arriva una parte minima dei migranti: secondo l’Unhcr, nel 2016 l’82% dei barconi arrivati sulla Penisola proveniva dalle coste libiche. Il problema è che il governo Al Sarraj, riconosciuto dall’Occidente, non controlla che una porzione limitata del territorio: „Un accordo si può pure fare – spiega Francesco Cherubini, docente di Diritto dell’Unione Europea alla Luiss – ma è inapplicabile“
di Gianni Rosini
Raddoppiare le espulsioni degli immigrati irregolari dalle attuali 5mila alle 10mila unità, si legge nella circolare di due pagine che a fine anno il ministero dell’Interno ha inviato a tutte le prefetture. Per farlo servono accordi con gli Stati di provenienza o di transito. Per questo nei prossimi giorni il ministro dell’Interno Marco Minniti volerà a Tunisi e Tripoli: “Dobbiamo affrontare il problema lì – ha detto il 5 gennaio – costruire un sistema di cooperazione che funzioni in Libia, Niger, Sudan, Tunisia”. “Per rimpatriare gli irregolari nei propri Paesi – spiega a IlFattoQuotidiano.it Francesco Cherubini, docente di Diritto dell’Unione Europea all’Università Luiss “Guido Carli” – sono necessarie intese con ogni singolo Stato ed essere riusciti a identificare la nazionalità del soggetto. Al contrario, il rimpatrio è possibile solo verso l’ultimo Paese di transito prima dell’entrata nell’Ue. Ma un accordo sui rimpatri con la Libia – dalla quale è passato l’82% dei migranti arrivati in Italia nel 2016 – è quasi impossibile o, comunque, inapplicabile”.
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