04. Januar 2015 · Kommentare deaktiviert für Flüchtlingsfrachter: EU-Druck auf Ankara und Athen · Kategorien: Griechenland, Italien, Türkei · Tags: , ,

Sparlare

Le nuove rotte delle navi alla deriva L’Italia tratta con Grecia e Turchia

ROMA C’è un doppio canale di trattativa aperto dall’Italia per fermare i mercantili carichi di migranti che arrivano dalla Turchia. Uno si rivolge direttamente alle autorità di Ankara e ha già avuto un primo contatto “tecnico» a Roma nei giorni scorsi per trovare una linea comune in modo da fronteggiare partenze e arrivi. L’altro mira alla Grecia e alla necessità che vengano pattugliate in maniera più efficace quelle coste, ma anche che i natanti schierati nel mar Ionio rispondano agli Sos lanciati dagli scafisti per costringere i mezzi di soccorso ad andare a prendere gli stranieri quando sono in balia delle onde.

L’allarme a settembre
Già alla fine dell’estate scorsa la Capitaneria di Porto e il Servizio Immigrazione del ministero dell’Interno avevano segnalato – attraverso gli ufficiali di collegamento – l’apertura della nuova rotta e la necessità di trovare una linea comune, senza però ricevere alcuna risposta dagli altri organismi internazionali.
Con l’intensificarsi delle partenze, la strategia diplomatica ha invece trovato adesso un alleato inaspettato nel commissario Europeo Dimitris Avramopoulos. E forse non è un caso, visto che si tratta dell’ex ministro della Difesa greco che ben conosce evidentemente quella realtà e sa perfettamente quali rischi può comportare una sottovalutazione del problema.

Il “no» egiziano
Il pericolo più evidente è quello della sicurezza. Proprio come avviene da anni in Libia, anche in Turchia il numero delle persone fatte salire sui mercantili è molto più elevato della reale portata dell’imbarcazione e questo espone i mezzi al pericolo di naufragio. Ogni volta sono centinaia gli uomini, le donne e i bambini stipati in ogni angolo della nave, chiusi nella stiva, che viaggiano di notte e vengono poi lasciati alla deriva senza cibo né acqua.
Si tratta di una “rotta» relativamente nuova, diventata quella più battuta da quando l’Egitto – fino a qualche mese fa meta privilegiata dei siriani – ha deciso di incrementare i propri controlli sulla frontiera est rendendo molto più difficile a chi fugge dalle zone di guerra riuscire a varcare il confine. Il flusso dei profughi si è dunque spostato verso nord, arrivando in Turchia dove ci sono due “piste» da battere. Quella marittima che porta in Italia e quella terrestre verso la Germania, Paese che poi è risultato essere la meta privilegiata dei siriani, ma anche di chi proviene da Afghanistan e Bangladesh.

Il doppio canale
Proprio su questo, sul pericolo di un’invasione di richiedenti asilo che può riguardare numerosi Stati membri, batte il ministro dell’Interno Angelino Alfano per cercare di ottenere collaborazione prima che sia troppo tardi e si ripropongano le stesse difficoltà già incontrate – e tuttora non risolte – per il flusso che arriva dal nordafrica e passa per i porti della Libia.
E infatti, nel comunicato diramato ieri dopo le centinaia di arrivi registrati negli ultimi giorni, parla di “strategie comuni ben definite» con le autorità di Ankara. A loro è già stato chiesto “un intervento per fermare le partenze dalle coste e per intensificare i controlli sulle “navi carretta” che non sono a norma e quindi andrebbero bloccate a prescindere dalla presenza o meno dei migranti».
Ma il titolare del Viminale evidenzia anche l’opportunità di “potenziare la collaborazione con le autorità greche per far sì che le navi vengano intercettate prima che arrivino a largo delle nostre coste, com’è invece accaduto sinora». Riferimento esplicito all’operazione “Poseidone», da tempo avviata dall’agenzia della Unione Europea Frontex, simile nello spiegamento di uomini e mezzi e negli obiettivi a quello che avviene di fronte alle coste siciliane con “Triton». Di fronte alla Grecia sono schierati i natanti messi a disposizione dagli Stati membri che devono pattugliare il mare e, in caso di pericolo, attivare la procedura per il recupero delle persone che si trovano a bordo di imbarcazioni in difficoltà. Questo però nella maggior parte dei casi non avviene e, anzi, le autorità non rispondono agli Sos lasciando che le navi entrino nelle acque italiane.

I mezzi rottamati
Quando parla del “blocco» delle navi, Alfano si riferisce invece al “mercato nero» che in Turchia sta diventando sempre più fiorente. Sono due i porti da cui salpano i mezzi, entrambi in Turchia: Mersin e Didim. Le organizzazioni criminali utilizzano i mercantili che gli armatori mandano lì a rottamare per abbassare i costi, visto che negli Stati europei ci sono norme molto rigorose sulla distruzione e prezzi elevatissimi. Gli scafisti li comprano spendendo circa 200 mila dollari: tenendo conto che ogni “passeggero» paga 5 mila dollari (naturalmente anche gli euro sono ben accetti) per essere imbarcato, ogni viaggio frutta ai suoi organizzatori un guadagno di almeno due milioni di dollari. Il primo risale al 29 settembre: Turchia-Italia, 364 persone a bordo del mercantile “Storm». Dopo ce ne sono stati altri tredici. Stessa rotta, stessa tecnica utilizzata dagli scafisti.

Oltre 10 mila arrivi
La nave viene portata in mezzo al mare carica di disperati, per la maggior parte siriani in fuga dalla guerra. Quando è abbastanza al largo il timone viene bloccato, si innesta il pilota automatico per una navigazione a circa 10 nodi, si lancia l’Sos e poi si va via con un’imbarcazione di appoggio più veloce. I profughi vengono abbandonati al proprio destino, in realtà chi ha organizzato la traversata sa che in poche ore arriveranno i soccorritori italiani disponibili a prenderli e portarli in salvo sulle nostre coste.
In tre mesi sono circa 10 mila gli stranieri approdati in questo modo. Molti altri ne arriveranno e per questo è indispensabile cercare di fermare in fretta i flussi in modo da evitare un’emergenza che potrebbe assumere dimensioni enormi.

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