28. Juli 2013 · Kommentare deaktiviert für Sizilien, Syrakus: 2.000 Boat-people in einem Monat angekommen · Kategorien: Italien, Libyen · Tags:
Pubblicato: 28/07/2013
„Portopalo è un’altra Lampedusa“
di Mario Barresi
Nel siracusano la nuova frontiera della disperazione. „Non chiedono asilo politico e rifiutano la foto segnaletica, perchè vogliono andare fuori dall’Italia“. Duemila arrivi solo nell’ultimo mese. Il sindaco scrive a Letta: „La vera emergenza adesso è qui“
Qualcuno, al porto, prova a scherzarci su: «Dopo la visita di Papa Francesco sul Mediterraneo s’è impiantato una specie di vigile urbano che dirotta le barche: “Non andate a Lampedusa, dirigetevi tutti a Portopalo”. Sembra pazzesco, ma è così… ». Magari non è proprio così, visto che comunque nell’isola delle Pelagie gli sbarchi continuano con il solito ritmo. Semmai qualcosa è cambiato nella punta del tacco a sud-est, che è diventata una meta altrettanto gettonata nelle rotte della disperazione. Quest’anno sono già 40 gli sbarchi sulle coste del Siracusano, per un totale di oltre 4.300 persone, più di 2.000 soltanto nell’ultimo mese a Portopalo. È questa la nuova frontiera dell’emergenza migranti, in un contesto che però non ha le strutture e i mezzi, né la stessa risonanza mediatica

E quindi la macchina dell’accoglienza – nonostante lo sforzo di istituzioni, forze dell’ordine e soprattutto di volontari – è già in affanno, ben oltre il limite della sopportazione. «Noi siamo amministratori, ma anche persone perbene e ci assumiamo tutte le nostre responsabilità – sbotta il sindaco di Portopalo, Michele Taccone – ma l’emergenza sulle nostre coste è sottovalutata e se non c’è un intervento del governo Letta, a cui ieri (venerdì, ndr) ho inviato una comunicazione ufficiale, qui rischiamo di prima di sbattere contro un muro e poi di andare a fondo. Con tutto il rispetto per Lampedusa, sia chiaro che la vera emergenza oggi è tutta qui».

Il sindaco Taccone non batte cassa, ma chiede «quello che ci spetta per affrontare con dignità e umanità un’emergenza che è reale e che c’è il rischio che ci sfugga di mano». Anche perché, «sfido chiunque a valutare la quantità e la qualità dei servizi offerti in un momento così difficile rispetto a quanto ci stanno costando: molto meno di tante altre realtà, perché qui, oltre al grande impegno dei volontari, ci sono anche i dipendenti comunali che fanno un superlavoro senza chiedere nemmeno un’ora di straordinario». Così come rispedisce al mittente le voci – il paese è piccolo e la gente mormora – su un effetto negativo degli sbarchi sul turismo locale: «Quest’anno c’è stato un calo, ma non c’entra nulla con quello che sta succedendo nelle nostre coste. Chi sostiene il contrario fa soltanto demagogia di basso cabotaggio».

Nel comune più a sud di Tunisi i migranti vengono ospitati in due strutture improvvisate. Uno è l’oratorio Don Bosco, a due passi dalla chiesa di San Gaetano, che accoglie 47 persone, soprattutto somali, eritrei ed afghani. Tutti aspiranti rifugiati politici. Il teatro è diventato un dormitorio, con materassi a terra. «Ne stanno arrivando altri dieci, perché se no non ci bastavano più», dice un volontario della Protezione civile di Portopalo, in prima linea con una ventina di operatori assieme alla Misericordia e al gruppo scout. E a don Gianluca Manenti, giovane parroco che è il motore di tutta la catena umanitaria. «Il centro è al limite della capienza, perché qui dentro fra adulti e bambini – spiega il prete – ce ne entrerebbero una cinquantina, anche se c’è stato un momento in cui ne abbiamo accolti anche 88, un po’ stretti, ma era una necessità». L’altro punto di raccolta di Portopalo è al mercato ittico, sulla banchina del porto. Questa, però, è una struttura sottoposta alla vigilanza delle forze dell’ordine.

Ad accoglierci è il vicequestore aggiunto Marcello Castello, dirigente del commissariato di Avola: «In questo momento ci sono 90 persone, quasi tutti siriani. Dentro la struttura ci sono anche alcuni soggetti, in via di identificazione ma probabilmente si tratta di egiziani, che riteniamo essere gli scafisti». All’opera gli agenti dei reparti territoriali di Noto, Pachino e Avola, oltre a quelli dei reparti mobili specializzati di Catania e Reggio Calabria, ovviamente in sinergia con carabinieri e guardia di finanza. Il dispiegamento di forze è notevole, anche perché qui dentro il clima è più pesante.

L’accesso a cronista e fotoreporter è limitato, si nota un po’ di nervosismo fra gli ospiti. «Sì, c’è una situazione delicata – ammette il vicequestore – perché queste persone rifiutano un passaggio-chiave dell’iter di richiesta di asilo politico, ovvero la foto segnaletica. Vogliono quasi tutti andare oltre l’Italia, la maggior parte di questo gruppo ci dice che la destinazione finale del loro viaggio è la Svezia, ma sono convinti che se vengono fotografati qui in Italia poi non potranno entrare negli altri Paesi europei, ma questo non è vero. Soltanto che è molto complicato spiegare, comunicare con loro, anche perché quasi nessuno parla inglese o francese e non abbiamo persone che possano fare da interpreti». L’altra emergenza riguarda le strutture per ospitare i minori: «Ne abbiamo 244 a carico nostro – ricorda Taccone – ma abbiamo difficoltà a farli entrare nelle strutture adeguate, che ci chiudono le porte anche per un contenzioso con il ministero che è debitore di rette accumulate nel tempo».

E quindi ci si arrangia, come per quasi tutto il resto delle necessità. Con il cuore aperto e le tasche vuote. «Ci sono delle spese ingenti e incontrollabili, a cui si fa fronte con difficoltà», ricorda il consigliere comunale Antonio Di Maria, anch’egli in prima linea all’oratorio Don Bosco. Con una paura appena sussurrata: «Abbiamo già ridotto il fondo per la festa del patrono San Gaetano, sceso a 5.200 euro. Qui c’è il rischio di dover togliere altri soldi, non so se tutti capiranno». Anche se forse San Gaetano sarebbe ben lieto di aiutare anche un bambino in più, rinunciando a qualche luminaria.
Twitter: @MarioBarresi

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