26. März 2014 · Kommentare deaktiviert für Fuoco Nostrum – Il video integrale degli spari dalla nave Aliseo · Kategorien: Italien, Video · Tags:

di Gaetano De Monte

Dopo le mitragliate al barcone dei presunti scafisti nel Canale di Sicilia ci si interroga sulle responsabiiltà politiche

Le immagini parlano da sole. Quelle girate il 9 Novembre da alcuni militari della nave Aliseo impegnati nell’operazione Mare Nostrum – e diffuse soltanto stamattina in una conferenza stampa organizzata da Radio Radicale e dal partito per i diritti dei militari – ci mostrano, innanzitutto, una vera e propria caccia armata a degli esseri umani.

Sono le ore 16,42, quando la fregata della Marina Militare Italiana si lancia all’inseguimento della “nave madre” con a bordo sedici presunti scafisti, che ha appena abbandonato 176 profughi siriani su un peschereccio al largo di capo Passero, nel canale di Sicilia. Da allora, per diversi minuti, saranno alcune centinaia i colpi sparati dai mitragliatori Mg dell’Aliseo; a far fuoco due marò, posizionati a una quarantina di metri dalla poppa del bersaglio, cioè dall’imbarcazione dei presunti scafisti, sedici egiziani, tra cui tre minori. Il fuoco italico, nostrum appunto, è palese, in tutta la sua drammaticità, nel materiale video mostrato stamattina dai radicali alla Camera dei Deputati. Che in tutti i casi stride fortemente con quelle che sono le verità ufficiali. Ed è questo, un primo punto su cui occorre riflettere. Infatti, il comandante della nave Eliseo Massimiliano Siragusa, – raccontando i dettagli dell’operazione ad una tv locale siciliana – parlerà soltanto del “salvataggio” dei 176 migranti “recuperati dalla nave Stromboli, trasferiti sul mezzo anfibio San Marco e portati in salvo a Catania” e ometterà il ruolo assunto nell’operazione dai marò al suo comando. E perché dichiarerà che la “nave madre” era poi affondata a causa delle condizioni meteorologiche avverse? Dato che – come le immagini permettono di appurare – il mare era calmo, e le condizioni meteo tutt’altro che sfavorevoli. Dunque, perché la Marina ha taciuto sugli spari e sul dinamico susseguirsi degli eventi? Una versione dei fatti, che fu fatta propria anche dall’allora ministro della difesa Mauro che “ha seguito personalmente le fasi dell’operazione”, così si legge in un comunicato che fu diffuso il giorno seguente dallo Stato Maggiore. E che introduce, forse, un punto dirimente, ulteriore, da cui partire per provare ad azzardare delle ipotesi su quanto accadde veramente tra il 9 novembre e il 10 Novembre dello scorso anno, nelle acque internazionali antistanti il Canale di Sicilia. Ovvero, di chi era la responsabilità dell’intera catena di comando: cioè il complesso dipanarsi degli ordini dati dai comandi di terra alle navi in mare. Un tema che si correla in qualche modo anche a quello delle regole di ingaggio. A come debbano comportarsi con il nemico potenziale i militari italiani impegnati nelle missioni “umanitarie”, come Mare Nostrum, appunto.

A quali reati siano autorizzati a compiere nell’esercizio delle funzioni. Comunque, al di là delle responsabilità penali, che saranno accertate o meno, dalla Procura Militare di Napoli che ha aperto un fascicolo d’indagine, resta un nodo da sciogliere: quello della responsabilità politica di chi permette che azioni di “guerra gratuita” come questa accadano. Perché, -come hanno spiegato durante la conferenza stampa – l’ex deputato radicale Maurizio Turco e Luca Comellini, co-fondatori del partito per la tutela dei diritti militari, (Pdm) grazie a cui sono state diffuse le immagini “i presunti scafisti non hanno sparato, e non avevano armi a bordo, tra l’altro”.

Quindi, nessuna giustificazione può essere ammessa a riguardo. Perché il fuoco proveniente dalle micidiali Mg che ha rischiato di uccidere sedici persone nella notte tra il 9 e il 10 novembre, è nient’altro che l’esito delle politiche di respingimento, e del suo cinismo istituzionale.

Video

Mare Nostrum? No, Mare Mostrum e le bugie armate

di Luca Marco Comellini

Era il 10 novembre dello scorso anno quando il comandante della Nave Aliseo raccontava ai giornalisti intervenuti in massa le concitate fasi della cattura di 16 presunti scafisti e dell’affondamento della “nave madre” a causa delle avverse condizioni meteorologiche. Un trionfo mediatico, una cattura rilevante avvenuta solo a poche settimane dall’inizio dell’operazione militare Mare Nostrum. Una dimostrazione di umanità ed efficienza certamente utile al Presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta in visita a Malta per seguire da vicino l’operazione sull’immigrazione. Utile soprattutto ad allontanare dal governo le critiche di coloro che ritenevano e ritengono che Mare Nostrum sia solo un esercizio muscolare e un comodo passaggio per l’Italia. Utile a perorare le mire di rinnovamento della flotta militare.

Sono passati alcuni mesi da qui trionfalistici annunci. Lo scorso 25 marzo, assieme a Maurizio Turco, cofondatore del Pdm, tesoriere del Partito Radicale, già deputato della XV e XVI legislatura ho partecipato ad una conferenza stampa organizzata presso la Camera dei Deputaticon lo scopo di mostrare un breve filmato sui fatti che si svolsero proprio in quei giorni mentre il Governo in carica si vantava all’estero dei successi in fatto di lotta all’immigrazione clandestina.

Quelle viste dagli italiani – durante e dopo la conferenza – sono state immagini che hanno messo in luce una Marina militare differente da quella propagandata dalla stampa di regime. Una sequenza che ha raccontato, inequivocabilmente, una storia sulla quale la stessa Forza militare, soltanto poche ore prima, aveva deciso di fare delle parziali ammissioni confermando l’uso delle armi contro una imbarcazione che non aveva risposto all’invito a fermarsi.

Le note stampa diramate dalla Marina militare raccontano di un uso delle armi come “ultima ratio”, di pericolose manovre evasive da parte dei presunti scafisti. Eppure nello scorrere veloce di quei fotogrammi lo spettatore non è riuscito a cogliere, nelle raffiche di mitragliatore e nei colpi indirizzati sulla poppa del peschereccio in fuga, quell’assoluta certezza di non colpire l’equipaggio posta dalla Marina a fondamento della decisione di usare la forza bellica. Solo dopo l’abbordaggio da parte dei “Marò” si è scoperto che l’equipaggio di quel peschereccio era composto da 16 marinai. 16 pescatori, 16 presunti scafisti.

Una caccia “durata un paio d’ore”, dirà poi la Marina militare in una nota stampa che trasuda imbarazzo. Le immagini sono chiare ed è evidente come l’uso della forza bellica da parte dei militari – cioè dell’armamento pesante come il mitragliatore MG – abbia messo in grave pericolo la vita delle persone a bordo dell’imbarcazione alle quali, a prescindere dall’essere presunti scafisti, o semplici pescatori, devono essere in ogni condizione assicurate le più ampie tutele e incolumità.

In situazioni di pace, le Regole di ingaggio (ROE) costituiscono l’unica possibilità per le Forze armate di fare uso della violenza bellica e se ci si riferiamo alle immagini proiettate durante l’affollata conferenza stampa allora non appare poi più tanto chiaro quale debba essere quella “condizione limite” – citata dalla Marina militare per giustificare il suo comportamento – oltre la quale l’uso della forza viene autorizzato a garanzia della vita e dell’incolumità del personale, ma anche a salvaguardia della sovranità e territorialità della nave militare. La Fregata Aliseo, più veloce, potente e armata di tutto punto, certamente non aveva nulla da temere dalle “pericolose manovre evasive” del piccolo peschereccio in fuga verso le acque territoriali libiche (o tunisine).

Solo nel caso di „intento ostile”, solo nelle missioni militari, e non certo in quelle che impropriamente vengono definite umanitarie, le forme di reazione prevedono sempre un previo avviso e un uso graduale della forza armata. La Marina militare ha dichiarato che il peschereccio „tentava la fuga con pericolose manovre evasive rifiutando di farsi ispezionare nonostante ripetute ingiunzioni via radio, anche in lingua araba“ e allora sarebbe opportuno che la Marina chiarisse se tanto è bastato per scatenare sul peschereccio una pioggia di pallottole.

Nelle immagini mostrate molti hanno notato la naturalezza e la tranquillità con la quale i militari della Nave Aliseo hanno assistito e filmato l’evento, cosa questa che esclude ogni qualsivoglia condizione di pericolo per l’equipaggio. Nessun intento ostile della nave in fuga.

La salvaguardia della vita umana in mare è principio giuridico fondamentale e inderogabile ed è alla base del diritto internazionale del mare – si è potuto leggere dopo la diffusione del filmato in un comunicato dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione – Infatti anche il Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria, firmato a Palermo il 15 dicembre 2000, ratificato e reso esecutivo con legge 16 marzo 2006, n. 146, prevede, tra l’altro, l’obbligo di assicurare l’incolumità e il trattamento umano delle persone a bordo di un’imbarcazione sospettata di trasportare migranti in condizioni irregolari (artt. 9 par. 1(a) e 18 par. 5) e l’obbligo di proteggere e assistere le vittime di traffico, in particolare donne e bambini (art. 16). Occorre verificare – ha proseguito l’Associazione – se, come e perché nel caso concreto ognuno di tali precisi obblighi internazionali non siano stati rispettati anche nei confronti della barca che a bordo aveva i sospetti scafisti.”.

L’uso sproporzionato della forza – ha precisato l’Associazione – non può certo essere legittimato nemmeno dalla circostanza che dell’operazione sia stata costantemente informata la Procura della Repubblica di Catania. Infatti la Direzione nazionale antimafia ha fornito all’inizio del 2014 precisi chiarimenti normativi circa le associazioni per delinquere dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, i navigli usati per il trasporto di migranti con attraversamento di acque internazionali e ha formulato precise proposte operative per la soluzione dei problemi di giurisdizione penale nazionale e circa le possibilità di intervento, tra le quali si richiama espressamente (alla nota n. 3) l’art. 7 del decreto del Ministro dell’interno 14 luglio 2003”.

Le immagini che ritraggono il peschereccio affondare in un mare calmissimo sono significative e fanno carta straccia di quelle verità che la Marina militare ha diffuso con tanta convinzione. ma non è tutto sollevano inquietanti dubbi su quanto può essere realmente avvenuto quel lontano 15 febbraio 2012, nelle acque dell’Oceano Indiano dove trovarono la morte due pescatori.

Dopo tutto questo in un paese che ama definirsi “civile” i vertici militari si sarebbero dimessi, a cominciare dal capo di Stato Maggiore della Difesa, l’ammiraglio Binelli Mantelli, e dal capo di Stato Maggiore della Marina militare, l’ammiraglio De Giorgi. Come moltissimi italiani anche io spero di essere ancora in un paese civile e come loro spero che il capo supremo delle Forze armate ce lo dimostri.

31 marzo 2014

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