19. März 2012 · Kommentare deaktiviert für Rettungsschiff zur Fahrt nach Tunesien gezwungen · Kategorien: Italien, Libyen, Malta · Tags: , ,

Malta und Italien zwingen Rettungsschiff zur Fahrt nach Tunesien

Am Abend des 17.03.2011 musste ein französisches Fischerboot mit tunesischer Besatzung, das 74 Flüchtlinge in Seenot gerettet hatte, vor Malta und Lampedusa umkehren. Malta und Italien verweigerten die Aufnahme. Das Fischerboot lief nach Genehmigung der tunesischen Übergangsregierung im tunesischen Hafen von Sfax ein. Die tunesischen Fischer behaupten, dass ihr Boot von den schiffbrüchigen Flüchtlingen „gestürmt“ worden sei. Die italienische Tageszeitung „il manifesto“ erinnert daran, dass die Rettung in Seenot nicht eine freundliche Geste, sondern Pflicht ist. – Die Flüchtlinge anderer Boote, die zuvor nach Lampedusa gebracht worden sind, berichten von einem Schiffsunglück vor der libyschen Küste. Sie selbst werden zum Teil noch auf den Schiffen im Hafen festgehalten, zum Teil wurden sie in Hafenanlagen untergebracht, zum Teil nach Sizilien weiter verbracht.

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Lampedusa nel caos
e la Tunisia risolve un „caso diplomatico“
Cinzia Gubbini
18.03.2012
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L’isola definita „porto non sicuro“: le navi che soccorrono i migranti non dovrebbero attraccare . E così stanotte i profughi hanno dormito in nave.Intanto il peschereccio francese carico di profughi finisce a Sfax

270 persone arrivate in tre diversi sbarchi, e già si parla di un naufragio, mentre resta aperta il contenzioso tra un peschereccio tunisino che ha a bordo 70 profuhi e Malta che chiude le sue acque territoriali.
Inizia una nuova stagione, e le costanti delle traiettorie sud-nord rimangono le stesse: l’Italia è una delle principali porte d’ingresso per il „sogno Europa“, e nonostante tutto – nonostante la crisi dell’euro, nonostante le Primavere arabe, nonostante i naufragi sempre più drammatici, nonostante i respingimenti – le carrette del mare tentano di attraversare il Mediterraneo, cariche di donne, uomini e bambini.
Ma ad ogni stagione, si aggiunge una qualche elemento grottesco. Stavolta riguarda la decisione, presa dall’ex ministro dell’Interno Maroni, di dichiarare Lampedusa „porto non sicuro“. Era quasi un anno fa, l’isola era stata „invasa“ da 50 mila persone perché il governo italiano non aveva „previsto“ che – con il nord Africa in subbuglio come non si era mai visto – ci sarebbe stato un picco di arrivi tra marzo e l’estate. Anzi, decise anche di trasformare il Centro di primo soccorso in centro di espulsione: il che vuol dire possibilità di trattenere le persone per 6 mesi. Conseguenza: rivolte, disastri, drammi e tragedie e „classico“ incendio del centro, dichiarato inagibile.
Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata, anche se di mesi non troppi. Ma le cose sono cambiate, prima di tutto il governo che guida l’Italia. La macchina che dirige i ministeri, invece, no. Perché il presidente del consiglio Monti, il „tecnico“, ha evitato accuratamente di utilizzare lo „spoil system“ che permette di cambiare i livelli „tecnico-politici“ dei vari dicasteri. Allora come è possibile che si sia arrivati a marzo inoltrato senza prevedere che i „viaggi della speranza“ sarebbero ricominciati?

Evidentemente, è possibile. Così dopo i tre sbarchi di ieri, questa notte le persone più gravi, alcune donne e nove bambini sono stati fatti scndere dalle navi. Alcuni sono stati trasferiti in ospedale, 49 hanno dormito in un albergo a Cala Creta. In 107 (uno è stato fatto scendere perché in condizioni troppo precarie) hanno invece dormito a bordo della nave, e solo stamattina sono stati fatti scendere in attesa del trasferimento a Porto Empedocle. Intanto, come già alcune decine ieri sera, sono stati trafseriti in una struttura dell’Area marina protetta. Una soluzione davvero poco funzionale, e per una volta ha ragione il sindaco Bernardino De Rubeis a fare riferimento al turismo della prossima stagione, perché l’isola rischia di apparire di nuovo fuori controllo e priva delle strutture adeguate a gestire il fenomeno migratorio – quando invece esiste un Centro che è opstato svariati milioni.
Intanto i profughi arrivati a Lampedusa hanno parlato di un’altra nave, che sarebbe naufragata poco dopo la partenza dalla Libia.
Nella serata di ieri si è infine risolto il „caso diplomatico“ (anche questo un déjà vu) del peschereccio francese con equipaggio tunisino che ha preso a bordo 74 migranti a rischio naugrafio. Anche in questo caso l’elemento grottesco non manca visto che a togliere le castagne dal fuoco a Malta („non è di nostra competenza, e il porto più vicino è Lampedusa) e all’Italia („purtroppo Lampedusa è inaggibile…“) è stata la Tunisia. Che nonostante i problemi economici che deve affrontare e la delicata fase di transizione, ha accettato di far entrare i 74 migranti. Ovviamente la cosa può essere letta anche da un altro punto di vista: la democratica Tunisia, in cerca di amici in Europa tanti quanti ne aveva avuti Ben Alì, deve cedere ai ricatti delle potenze europee, e fare buon viso a cattivo gioco.
La storia del peschereccio è cominciata così: il recupero è avvenuto in acque maltesi, ma la piccola isola europea non ne vuole sapere di prendersi le sue responsabilità. Sul peschereccio, peraltro, gira un’altra storia interessante: a quanto sembra i pescatori tunisini sostengono di essere stati „presi d’assalto“ dai profughi. I quali, viste le storie che stanno arrivando dalle persone che sono state tratte in salvo dalla guardia di finanza e dalla guardia costiera italiane, erano con ogni probabilità in difficoltà. Allora, bisognerebbe ricordare ai pescatori tunisini che salvare la gente in mare è un obbligo, non una cortesia. Eppure, ormai sembra essersi stabilito in mare un’altra legge: passare e non guardare, per non avere guai.

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